Shopping, perchè gli italiani amano l’online ma non rinunciano allo store?

Secondo l’indagine europea “Lo stato dello shopping 2024”, condotta da ShopFully in collaborazione con Offerista Group, i consumatori italiani risultano tra i più legati al negozio fisico. Anche se sempre più persone acquistano online, circa il 64% degli italiani preferisce ritirare i prodotti direttamente in negozio, e l’81% di loro fa acquisti aggiuntivi durante la visita al punto vendita. Inoltre, cresce la quota di consumatori sotto i 25 anni che prediligono l’esperienza fisica del negozio, con il 76% che apprezza la possibilità di toccare con mano i prodotti.

Il negozio fisico resta centrale nel processo di acquisto

In un panorama in cui la digitalizzazione sta assumendo un ruolo sempre più centrale a livello globale, il negozio fisico continua a essere il punto di riferimento per gli acquisti dei consumatori europei. ShopFully, azienda leader nel settore del Drive to Store, presenta i risultati dell’indagine “Lo stato dello shopping 2024”, frutto della collaborazione con Offerista Group. Il sondaggio, condotto nel mese di febbraio di quest’anno su circa 11.000 utenti delle proprie app in 8 Paesi europei, offre un’analisi approfondita delle preferenze dei consumatori del continente.

I risultati della survey rivelano che il 95% dei consumatori italiani preferisce fare acquisti nei negozi fisici, e tra questi, il 65% predilige addirittura fare acquisti esclusivamente in negozio. In questo contesto, l’Italia si posiziona al secondo posto tra i Paesi oggetto dell’indagine, seguita dalla Spagna con il 92% di consumatori fedeli al negozio fisico. Anche se in Francia e in Germania il negozio fisico rimane un canale importante per gli acquisti, il 13% dei francesi e il 12% dei tedeschi preferisce l’acquisto online.

Shopping sul posto specie per alimentari, prodotti per la casa e arredo

La preferenza dei consumatori italiani per i negozi fisici riguarda soprattutto i settori alimentare e delle bevande (98%), seguiti da cura del corpo e articoli per la casa (90%) e arredamento (86%). Per quanto riguarda gli acquisti online, c’è un maggiore interesse per l’elettronica (36%) e i giocattoli (34%), ma il negozio fisico rimane comunque il canale preferito. Anche quando si tratta di acquisti online, circa il 64% degli italiani opta per il ritiro in negozio e l’81% di loro effettua acquisti aggiuntivi direttamente in punto vendita.

Il valore di poter provare e toccare

Per il 68% dei consumatori italiani intervistati, il principale vantaggio del negozio fisico è la possibilità di provare, vedere e toccare il prodotto di persona. Questa percentuale aumenta al 76% tra gli utenti sotto i 25 anni, dimostrando l’apprezzamento dei giovani per l’esperienza fisica. Un altro vantaggio del negozio fisico è la possibilità di accedere a sconti esclusivi (40%). Se da un lato la maggior parte degli acquisti avviene nei negozi fisici, dall’altro l’83% dei consumatori utilizza canali digitali per informarsi sui prodotti prima di acquistare, con una predilezione per le piattaforme e le app che offrono volantini digitali (64%) e i marketplace online (40%).

La tecnologia fondamentale per raggiungere i consumatori

Stefano Portu, CEO & Founder di ShopFully, ha commentato che il retail sta attraversando una trasformazione dove la tecnologia e il digitale diventano strumenti necessari per raggiungere i consumatori in modo personalizzato ed efficace. Le promozioni giocano un ruolo cruciale nelle scelte di acquisto, con il 94% dei consumatori che ne dà grande importanza.

Gli italiani sono particolarmente attenti alle promozioni e più della metà di loro è propensa a cercarle durante tutto l’anno, non solo in periodi specifici come il Black Friday o il Natale. Il 70% degli italiani è anche disposto a provare marchi diversi se ci sono sconti o offerte, considerando che il potere d’acquisto non dovrebbe aumentare nel 2024 secondo il 55% dei partecipanti alla survey.

DEI al lavoro: Italia sesta in Europa per inclusività in azienda

È quanto è emerso dall’analisi dell’EY European DEI Index, che misura il successo delle organizzazioni nel perseguire gli obiettivi DEI (Diversity, Equity, Inclusion): solo il 6% delle aziende italiane sta realmente sviluppando una cultura inclusiva sul posto di lavoro., nonostante le tematiche dedicate ai principi DEI siano sempre più al centro del dibattito aziendale moderno.

Lo studio, svolto in collaborazione con FT-Longitude, che ha raccolto l’opinione di manager e lavoratori in 9 Paesi europei, mostra però come il 44% dei lavoratori italiani sia d’accordo sul fatto che la propria organizzazione dimostri un approccio consistente a tali politiche. E per il 55% dei lavoratori l’impegno dimostrato per la creazione di un clima di fiducia e trasparenza sia ‘buono’. 

Manager e lavoratori: i primi si sentono più accettati

II 47% dei lavoratori italiani ha subito episodi di discriminazione sul luogo di lavoro e il 60% li ha segnalati. Inoltre, se il 72% dei manager italiani è in grado di essere sé stesso e di sentirsi accettato sul lavoro, la percentuale scende al 41% dei dipendenti. Ne consegue che i gruppi sottorappresentati in Italia hanno meno probabilità (19%) della media europea (31%) di sentirsi ascoltati.

Nonostante il 61% dei manager italiani affermi di non voler lavorare per organizzazioni inefficaci in termini di DEI, l’Italia risulta in ritardo rispetto alla media europea nell’applicazione dei principi di diversity, equity e inclusion in fase di selezione e colloquio. Soltanto il 20% dei manager italiani ha erogato formazione sul tema ai responsabili del recruiting e soltanto il 23% ha adattato format di colloquio che soddisfino le esigenze dei candidati con disabilità.

Le disuguaglianze non sono tutte uguali

Sulla parità di genere, invece, spiccano le azioni messe in campo dalle aziende per contrastare la disparità e la diversità culturale (70% e 40%), mentre salta all’occhio che solo il 29% ha adottato misure per l’inclusione LGBTQAI+, il 23% per colmare le disuguaglianze socioeconomiche e il 14% per l’inclusione delle persone con disabilità.

A preoccupare è il 35% secondo cui l’inclusione della disabilità non è proprio presente nella propria strategia DE&I.

Resistenze culturali e vincoli di bilancio frenano l’inclusione

Si tratta di dati che si riflettono anche nella percezione che i lavoratori hanno delle proprie aziende. Se il 57% degli italiani ritiene che la propria organizzazione abbia un buon livello di diversità etnica e culturale, il 48% e il 44% valutano rispettivamente scarso il livello di diversità socioeconomica e l’inclusione delle persone con disabilità.

I 22% dei manager italiani ha affermato che il principale ostacolo al miglioramento del DEI è legato a resistenze culturali interne, riferisce Adnkronos, ma una percentuale pari afferma che non esistono ostacoli al miglioramento del DEI.
E anche se i vincoli di bilancio siano indicati quale ostacolo soltanto dal 19% dei manager italiani, l’Italia è tra i Paesi con la spesa più bassa per quanto riguarda il DEI, con 3,99 milioni di euro contro i 5,75 della Spagna.

Acqua: in Italia a rischio le risorse idriche, -18% nel 2023

La disponibilità di acqua in Italia nel 2023 si è ridotta del 18% rispetto alla media annua calcolata a partire dal 1951.
Si tratta dei dati registrati da Ispra, che segnalano una tendenza negativa in atto da diversi anni.

Nonostante ciò, rispetto al 2022, Ispra segnala una ripresa nella disponibilità di risorse idriche. Infatti, se nel 2023 la disponibilità di acqua stimata è stata pari a 112,4 miliardi di metri cubi, l’anno precedente aveva raggiunto un livello molto più contenuto, pari a 67 miliardi di metri cubi, il minimo storico dal 1951, anno in cui sono iniziate le rilevazioni. Un livello che inoltre corrisponde a circa la metà della disponibilità annua media del periodo 1951-2023.

Deficit di precipitazioni, temperature elevate

La riduzione registrata l’anno scorso è principalmente dovuta al deficit di precipitazioni, registrato soprattutto nei mesi di febbraio, marzo, settembre e dicembre, oltre a un aumento dei volumi idrici di evaporazione diretta dagli specchi d’acqua e dal terreno, frutto delle elevate temperature registrate in più occasioni nel corso dell’anno passato.

Al contrario, hanno reso meno evidente il calo dell’acqua disponibile le copiose precipitazioni avvenute a maggio, che hanno portato il livello a 49 miliardi di metri cubi d’acqua complessivi, contro una media del mese di circa 23 miliardi di metri cubi. Quantitativi di pioggia più che doppi rispetto alla media mensile, che però hanno causato danni in diverse regioni, basti ricordare l’alluvione in Emilia-Romagna.

Tra siccità e alluvioni

Una delle tendenze del periodo 1951-2023 è l’aumento delle fasi di siccità estrema e prolungata, oltre alla maggiore percentuale di territorio soggetto a tale condizione.
Con riferimento al 2023 la siccità ha caratterizzato soprattutto i primi 4 mesi in quasi tutto il Paese, per altro proseguendo la lunga fase siccitosa che ha caratterizzato buona parte del 2022.

Nel proseguimento dell’anno scorso le cose sono migliorate in diverse aree, ma con alcune eccezioni. Attualmente, le condizioni di severità idrica riguardano in maniera elevata la Sicilia, con un livello di media gravità la Sardegna, di bassa intensità l’Appennino Centrale e Meridionale, mentre si registra uno stato di normalità per i distretti del Po, delle Alpi e dell’Appennino Settentrionale. 

Lo stato di fiumi e laghi

Nella valutazione della disponibilità idrica è fondamentale l’analisi dei corpi idrici superficiali, come laghi e fiumi, e dei corpi idrici sotterranei.

Nel complesso le rilevazioni effettuate da Ispra nell’ambito del Piano di Gestione delle Acque del 2023 evidenziano come su un campione pari al 70% del totale dei corpi idrici superficiali e sotterranei, il 14% delle acque superficiali risulta in miglioramento dal punto di vista ecologico, il 60% non subisce alcun deterioramento, il 16% invece peggiora il suo stato ecologico. La previsione per il 2027 vede però in miglioramento le condizioni del 63,5% dei corpi idrici attualmente considerati in stato non buono.

Nel 2023 aumenta il furto di dati: +45% sul dark web

I reati informatici sono sempre più mirati e subdoli. Tanto che nel 2023 si è registrato un aumento di furti delle credenziali di account, insieme ad altri dati di grande valore per gli hacker. Si stima che i dati circolanti nel dark web o accessibili tramite piattaforme di messaggistica superino i 7,5 miliardi a livello globale, con un incremento del +44,8% rispetto al 2022. Le segnalazioni di dati individuati sul dark web sono state 1.801.921, con una crescita del +15,9% rispetto all’anno precedente, mentre in Italia il numero di utenti allertati per furto di dati monitorati nel dark web è aumentato del +13,9% rispetto all’anno precedente.

I principali trend del cybercrime

L’Osservatorio Cyber di CRIF ha analizzato la vulnerabilità degli utenti e delle aziende agli attacchi cyber, interpretando i principali trend riguardanti i dati scambiati sia nell’ambiente open web che nel dark web.

Beatrice Rubini, Executive Director di CRIF, sottolinea che i cybercriminali utilizzano malware e applicazioni sempre più sofisticati, diventando una minaccia reale. Cresce anche l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale per confezionare truffe via email, con messaggi sempre più convincenti e link malevoli sempre più pericolosi. Anche in Italia si registra un aumento delle segnalazioni di furto di dati monitorati sul dark web. “Diventa quindi sempre più importante per aziende pubbliche e private avere sistemi di vulnerability assessment e fare campagne di sensibilizzazione interna dei dipendenti. Dall’altro lato, è consigliabile per i consumatori gestire i propri dati in maniera scrupolosa, affidandosi anche a strumenti che oggi permettono di proteggere i dispositivi e monitorare i nostri dati”, spiega Rubini.

Comportamenti poco attenti

Rubini evidenzia che gli utenti online contribuiscono inconsapevolmente al fenomeno adottando comportamenti poco attenti. Ad esempio, molti user tendono a riutilizzare le stesse password per diversi account o a salvare le credenziali di accesso direttamente nel browser, diventando particolarmente vulnerabili agli attacchi.

Nel 2023, l’indirizzo email è diventato particolarmente prezioso, nel 94,4% dei casi associato alla password: un fenomeno che espone le vittime a messaggi di phishing sempre più accurati. Questi messaggi contengono link malevoli che inducono le persone a fornire ulteriori informazioni ai criminali. La gravità degli alert inviati nel 2023 è aumentata del +29% rispetto all’anno precedente, confermando un aumento della vulnerabilità alle frodi.

I “kit di phishing”

Nel 2023 si è anche osservato un aumento degli strumenti messi a disposizione della comunità di cybercriminali, come i “kit di phishing” che consentono anche ad hacker meno esperti di condurre campagne di phishing sofisticate.

I dati e gli account più presi di mira

Le categorie di dati più vulnerabili includono password, indirizzi email, username, nome e cognome e numero di telefono. Queste informazioni, spesso associate tra loro, circolano principalmente sul dark web, rendendole di facile accesso agli hacker. Gli account email più violati includono Gmail, Yahoo e Hotmail, con la maggior parte degli account violati riferiti a siti di intrattenimento, e-commerce e social media. 

Perchè gli italiani cercano buone notizie?

Perchè gli italiani sono sempre più alla ricerca di buone notizie? Perchè le cosiddette “good news” diventano un antidoto per migliorare l’umore e riscoprire il lato positivo della vita quotidiana, spaziando dalla famiglia all’amore, dall’amicizia ai piccoli gesti di ogni giorno.

È questa la constatazione emersa da uno studio demoscopico condotto da AstraRicerche, intitolato “Un mondo più buono,” commissionato da Mulino Bianco, che mira a cambiare la prospettiva quotidiana per ricordare agli italiani che il bene esiste.

Otto su dieci hanno bisogno di positività

L’indagine rivela che otto italiani su dieci sentono il bisogno di orientarsi verso notizie positive a causa della percezione di una prevalenza netta di informazioni negative diffuse dai media. Sette persone su dieci condividono questa opinione, e ciò riflette sullo stato d’animo, con quasi il 40% degli italiani manifestando sentimenti di pessimismo e preoccupazione. La ricerca ha dato vita a una campagna di comunicazione intitolata “C’è un mondo più buono” per sostenere questo messaggio di positività.

La cronaca nera abbatte l’ottimismo

Le notizie di cronaca nera risultano essere la principale causa di abbassamento del morale degli italiani (43,0%), superando storie di altruismo, generosità e bontà (19,2%), notizie di attualità internazionale (14,6%) e nazionale (12,3%). Nonostante il 39,7% trovi difficoltà nell’individuare il lato positivo del mondo circostante, un italiano su quattro ci riesce abbastanza.

Nonostante la realtà descritta dagli intervistati sia considerata impegnativa, rimangono prevalenti i sentimenti positivi, come la curiosità (58,1%), l’interesse (52,9%), l’entusiasmo e l’eccitazione (37,7%).

Piacciono le notizie positive legate all’economia

Le notizie positive influenzano direttamente l’umore di oltre il 60% degli italiani quando diffuse dai media. Tra le notizie positive desiderate per il 2024, primeggiano una maggiore disponibilità economica (22,4%) e un miglioramento dello stato di salute personale o dei propri cari (17,9%). A livello globale, più di 4 italiani su 10 auspicherebbero la cessazione delle guerre.

Le news? Si leggono al mattino

La consultazione delle notizie avviene prevalentemente al mattino per oltre il 40% degli italiani, e le fonti preferite di informazione positiva sono i canali digitali: il 50% considera internet (siti web, giornali online, portali) come la fonte principale, seguito dai social network (41,4%). La televisione occupa un ruolo meno significativo, con il 31,9%.

Cybersecurity: il mercato italiano tocca i 2,15 miliardi

L’interesse delle aziende italiane per la cybersecurity continua a crescere, confermandosi prioritaria tra gli investimenti in digitale di Pmi e grandi imprese. L’81% di queste ultime ha definito un piano di sviluppo strutturato in materia, con una strategia di lungo periodo.
Nel 2023 il mercato italiano della cybersecurity ha raggiunto il record di 2,15 miliardi di euro, +16% rispetto al 2022.

Allo stesso tempo, il 74% delle grandi organizzazioni italiane ha rilevato un incremento dei tentativi di attacco, e il 12% ha subito conseguenze tangibili derivanti da un incidente informatico.
Emerge dalla ricerca dell’Osservatorio Cybersecurity & Data Protection della School of Management del Politecnico di Milano.

Il rapporto tra spesa in cybersecurity e PIL

Il rapporto tra spesa in cybersecurity e PIL in Italia si attesta allo 0,12% (0,10% nel 2022), un risultato che colloca ancora il nostro Paese all’ultimo posto nel G7, a grande distanza da Stati Uniti (0,34%) e Regno Unito (0,29%), nonché Francia o Germania (0,19%).

Il 62% delle grandi organizzazioni italiane ha comunque aumentato la spesa in cybersecurity, trainata dall’inserimento di nuovi strumenti (68%), maggiore attenzione dedicata dai board aziendali (62%) e la necessità di azioni di adeguamento normativo (43%).
Le aziende più piccole faticano a tramutare questo interesse in investimenti concreti, a causa delle risorse limitate e l’assenza di un’offerta di mercato che vada incontro alle loro specifiche esigenze. La spesa sostenuta dalle grandi imprese rappresenta infatti oltre tre quarti del mercato.

Gli strumenti di AI

L’adozione di strumenti di AI da parte delle grandi imprese risulta ancora in uno stato precoce: nonostante il 56% delle organizzazioni abbia introdotto strumenti e tecnologie AI in ambito cybersecurity, solo il 22% li utilizza in maniera estesa. 

Molte soluzioni di sicurezza tradizionale presenti da tempo sul mercato devono però ancora giovare dell’avanzamento tecnologico. Un aiuto, su questo fronte, potrà arrivare dalle startup. Nel mondo ne sono state individuate 167 che stanno sviluppando soluzioni di cybersecurity basate su AI, che hanno ricevuto complessivamente 2,4 miliardi di dollari di finanziamenti.
Le 7 startup italiane hanno raccolto in media circa 1 milione di dollari, contro poco più di 3 milioni a livello europeo e circa 18 milioni a livello globale.

La formazione in azienda

Secondo il 71% delle grandi aziende le attività di formazione e sensibilizzazione dei dipendenti rappresentano una delle principali priorità di azione in ambito cybersecurity.

La quasi totalità delle grandi organizzazioni prevede già iniziative finalizzate ad accrescere la consapevolezza in materia, con piani di formazione che coinvolgono una porzione più o meno estesa dei propri dipendenti (77%). Parallelamente, le aziende stanno cercando di rendere più robusti i team di cybersecurity: nell’ultimo anno si evidenzia una crescita del numero degli specialisti interni (51% delle aziende) e dei consulenti esterni (45%). La sfida, però, coinvolge l’intero sistema Paese. Da un lato, c’è una strutturale mancanza di competenze nell’utilizzo di strumenti tecnologici, dall’altro, un forte skill gap, che evidenzia una mancanza di circa 300.000 specialisti in ambito cybersecurity a livello europeo.

Stalking digitale: lo subisce quasi un quarto degli utenti online

Chi frequenta il mondo online alla ricerca dell’anima gemella è propenso ad adottare misure per proteggersi. Tuttavia, nonostante a livello globale quasi un quarto degli utenti digitali (23%) abbia subito qualche forma di stalking online da parte di una persona che stava frequentando da poco, la festa San Valentino ha aumentato ulteriormente i rischi di stalking e abusi digitali.

In generale, le persone sembrano infatti sottovalutare l’importanza delle impostazioni di localizzazione, la salvaguardia della privacy dei dati, e più in generale, dell’oversharing. Ma secondo uno studio di Kaspersky, anche in Italia si verificano episodi di violenza o abusi digitali. 

Anche in Italia casi di violenze e abusi

Il 14% degli intervistati ha ricevuto e-mail o messaggi indesiderati, e cosa forse più preoccupante, il 6% è stato filmato o fotografato senza il proprio consenso. Un altro 6% ha ammesso di essere stato localizzato, il 9% di aver subito una violazione degli account social media o della posta elettronica, e il 4% di aver subito l’installazione di stalkerware sui propri dispositivi senza avere dato consenso.

In Italia, le donne intervistate che hanno subito qualche forma di violenza o abuso sono in proporzione più numerose rispetto agli uomini (34% contro 26%).
È altresì preoccupante come gli italiani che dichiarano di avere una relazione da poco tempo abbiano subito più violenze o abusi rispetto a quelli che hanno una relazione di lunga durata (47% contro 28%).

In India le vittime sono il 42%

A livello globale, il 34% degli intervistati ha dichiarato di essere spaventato dall’idea di essere perseguitato online, con una percentuale di donne leggermente superiore rispetto agli uomini (36% contro 31%).

Sempre a livello globale un numero maggiore di persone che hanno subito qualche forma di stalking online proviene dall’America centrale e meridionale e dall’Asia.
In India il 42% degli intervistati ha riferito di essere stato vittima di stalking online, il 38% in Messico e il 36% in Argentina.

Social media e app di dating devono implementare processi di verifica

“Navigare nei siti di incontri online e negli spazi virtuali può essere rischioso, ed è fondamentale che i social media e le app di dating implementino processi di verifica, che possano aiutare a confermare che i profili degli utenti corrispondano alle loro foto reali – ha commentato Emma Pickering, Head of Technology-Facilitated Abuse and Economic Empowerment, Refuge -. Data la natura pervasiva dello stalking e dell’abuso facilitato dalla tecnologia, consigliamo alle persone di proteggere la propria presenza online, compresi password e account. Chi è preoccupato dovrebbe contattare le autorità locali o i servizi di assistenza”.

San Valentino? Gli italiani lo festeggiano con una cena a casa

Il 14 febbraio è tradizionalmente la giornata più romantica dell’anno. Così gli italiani festeggiano San Valentino in compagnia della loro metà. Ma come lo faranno? Lo rivela una ricerca condotta da DoveConviene, l’app dedicata a semplificare lo shopping, che ha scoperto che il 65% degli italiani ha dichiarato di voler optare per i festeggiamenti a casa, con una cena a due.

Questa tendenza riflette non solo il desiderio di privacy e relax assicurato dalle mura domestiche, ma anche un cambio di rotta in fatto di consumi. E l’amore non c’entra!

Non solo privacy, ma anche risparmio

La scelta di rimanere a casa  non è guidata soltanto dalla volontà di trascorrere una serata in intimità, ma anche da una certa attenzione al portafoglio. In un periodo in cui l’inflazione continua a impattare sulle abitudini di acquisto, quasi il 77% dei consumatori sceglierà di celebrare l’amore nel comfort del proprio domicilio per risparmiare.E, perchè no, scegliendo prodotti in promozione per allestire il menù.

Menù a due e a quattro mani

Il 52% degli italiani sorprende la propria metà con un menu realizzato personalmente, mentre il 24% opta per una preparazione a quattro mani, coinvolgendo il partner in un’esperienza culinaria all’insegna dell’intimità e del divertimento.

Nella scelta degli ingredienti per il menù ideale, i consumatori danno la preferenza a cibi sani e leggeri (43%) senza tralasciare il piacere di piatti raffinati, prediligendo ingredienti di qualità e gourmet (37%). Tale attenzione si riflette anche nella modalità di acquisto, poiché il 93% degli italiani si recherà nei negozi fisici per poter scegliere di persona i prodotti di migliore qualità.

In tavola pesce, pasta, risotto e dolce

In tavola, spazio a piatti a base di pesce fresco (31%), pasta fresca e risotti (30%), prediligendo opzioni leggere e perfette per una cena tradizionale e raffinata senza appesantire lo stomaco. A San Valentino non può ovviamente mancare il dessert per concludere la cena in dolcezza. In questo contesto, oltre il 51% degli italiani preferisce acquistare il dolce in pasticceria, evitando inconvenienti e assicurandosi di concludere la serata con un tocco di classe.

La tradizionale torta, scelta dal 41% degli italiani, rimane il dolce preferito per festeggiare, seguita dal semifreddo al cucchiaio (31%). Per i più golosi, che rappresentano oltre un quarto dei consumatori (26%), non mancherà  un dolce al cioccolato.

Crescita inarrestabile per il mercato digitale italiano: i numeri del boom

Il panorama del mercato digitale italiano continua a vivere una fase di crescita inarrestabile, tanto che ha superato le prospettive dell’economia nel suo complesso. Le previsioni indicano che entro il 2026 il settore raggiungerà un valore superiore a 90 miliardi di euro. Il 2023 ha confermato il trend più che positivo. 

Nonostante l’instabilità economica e geopolitica, l’aumento dei costi finanziari e la volatilità delle materie prime, Marco Gay, presidente di Anitec-Assinform, sottolinea che il mercato digitale mantiene un ruolo cruciale nel guidare l’Italia verso l’innovazione e lo sviluppo. In particolare, è stata l’intelligenza artificiale ad acquisire nel 2023 una posizione centrale, con soluzioni generative e ChatGPT che hanno attirato l’attenzione di accademici, istituzioni, imprese e cittadini.

Crescita del 2,5% nel primo semestre del 2023

I primi sei mesi del 2023 hanno visto il mercato digitale registrare un valore di 38.106 milioni di euro, con una crescita del 2,5% rispetto allo stesso periodo del 2022. Settori chiave come Servizi ICT, Contenuti e pubblicità digitale e Software e soluzioni ICT hanno guidato questa crescita, con incrementi percentuali significativi.

Ulteriore aumento nei prossimi anni

Le previsioni indicano un ulteriore aumento nei prossimi anni, con una crescita stimata del 3,8% nel 2024, del 4,8% nel 2025 e del 5% nel 2026, portando il mercato oltre i 90 miliardi di euro. I Digital Enabler, con un tasso di crescita annuale medio del 28,2%, continuano a essere un motore trainante fondamentale.

Serviranno sempre più profili specializzati

Il presidente Gay prosegue evidenziando che le dinamiche del mercato digitale sono sempre più legate alla trasformazione digitale, all’economia, al capitale umano, alla sostenibilità e ai nuovi rischi cibernetici. La domanda di competenze digitali specializzate è in aumento, con una crescente richiesta di profili capaci di comprendere la complessità aziendale e di sfruttare il digitale per sostenere le operazioni.

Il pericolo dei cyber-attacchi

Il rapporto sul “Digitale in Italia” include anche un capitolo dedicato alla cybersicurezza e un’analisi del digitale nella Pubblica Amministrazione. Nel 2023, gli attacchi informatici sono aumentati, con particolare preoccupazione per i danni causati. La spesa per la cybersecurity è cresciuta del 13%, con un interesse significativo nei settori della Sanità e della Pubblica Amministrazione. In conclusione, il 2024 si prospetta come un anno cruciale, con la leadership del G7, il rinnovo delle istituzioni europee e lo sviluppo del PNRR. 

Smart Home: nel futuro accessi sempre più digitali grazie al progresso tecnologico

Come viene percepito dal pubblico il futuro delle serrature nelle abitazioni, e qual è il ruolo che svolgerà la tecnologia nel rafforzamento della sicurezza delle stesse? In poche parole, come accederemo alle nostre smart home tra 10 anni?
A queste domande risponde la survey condotta dalla società ISEO Ultimate Access Technologies su un campione di oltre 300 intervistati. La ricerca indaga il futuro della gestione accessi e la percezione dei consumatori in merito all’evoluzione della tecnologia.

Più in particolare, l’obiettivo della survey è quello di investigare come i consumatori immaginano l’evoluzione tecnologica nel campo dello smart access, e se ritengono che nei prossimi dieci anni i progressi digitali renderanno le abitazioni più sicure. Ma garantendo, allo stesso tempo, una gestione degli accessi più semplice.

Come si si apriranno le serrature di casa tra 10 anni?

Per quanto riguarda il metodo con cui si apriranno le serrature di casa tra dieci anni è emerso che la maggioranza relativa degli intervistati, pari al 36%, immagina che le impronte digitali saranno il metodo più diffuso, mentre un significativo 28% è convinto che si continuerà a utilizzare la chiave tradizionale.

Una percentuale simile, il 27% pensa invece che tra dieci anni le porte delle abitazioni si apriranno con gli occhi, mentre un numero di utenti decisamente minore, solo il 9%, crede, addirittura, che basterà utilizzare il pensiero.

La tecnologia renderà le case più sicure?

Considerando il tema più ampio dell’impatto che avrà l’evoluzione tecnologica sulla sicurezza delle abitazioni e sulla gestione degli accessi, la stragrande maggioranza degli intervistati, ben il 71%, è convinta che la tecnologia renderà le nostre case più sicure in futuro.

Il 22%, invece, sottolinea che sebbene la tecnologia possa semplificare l’accesso, non ne garantirà necessariamente una maggiore sicurezza. Ed è solo il 5% degli utenti intervistati a dichiarare di avere poca fiducia nei metodi digitali.

Obiettivo: garantire la totale libertà di movimento

ISEO Ultimate Access Technologies opera nel campo delle soluzioni meccaniche ed elettroniche per la sicurezza e la gestione intelligente degli accessi. L’obiettivo aziendale è quello di garantire la totale libertà di movimento attraverso la filosofia Ultimate Access Technologies.