Acqua: in Italia a rischio le risorse idriche, -18% nel 2023

La disponibilità di acqua in Italia nel 2023 si è ridotta del 18% rispetto alla media annua calcolata a partire dal 1951.
Si tratta dei dati registrati da Ispra, che segnalano una tendenza negativa in atto da diversi anni.

Nonostante ciò, rispetto al 2022, Ispra segnala una ripresa nella disponibilità di risorse idriche. Infatti, se nel 2023 la disponibilità di acqua stimata è stata pari a 112,4 miliardi di metri cubi, l’anno precedente aveva raggiunto un livello molto più contenuto, pari a 67 miliardi di metri cubi, il minimo storico dal 1951, anno in cui sono iniziate le rilevazioni. Un livello che inoltre corrisponde a circa la metà della disponibilità annua media del periodo 1951-2023.

Deficit di precipitazioni, temperature elevate

La riduzione registrata l’anno scorso è principalmente dovuta al deficit di precipitazioni, registrato soprattutto nei mesi di febbraio, marzo, settembre e dicembre, oltre a un aumento dei volumi idrici di evaporazione diretta dagli specchi d’acqua e dal terreno, frutto delle elevate temperature registrate in più occasioni nel corso dell’anno passato.

Al contrario, hanno reso meno evidente il calo dell’acqua disponibile le copiose precipitazioni avvenute a maggio, che hanno portato il livello a 49 miliardi di metri cubi d’acqua complessivi, contro una media del mese di circa 23 miliardi di metri cubi. Quantitativi di pioggia più che doppi rispetto alla media mensile, che però hanno causato danni in diverse regioni, basti ricordare l’alluvione in Emilia-Romagna.

Tra siccità e alluvioni

Una delle tendenze del periodo 1951-2023 è l’aumento delle fasi di siccità estrema e prolungata, oltre alla maggiore percentuale di territorio soggetto a tale condizione.
Con riferimento al 2023 la siccità ha caratterizzato soprattutto i primi 4 mesi in quasi tutto il Paese, per altro proseguendo la lunga fase siccitosa che ha caratterizzato buona parte del 2022.

Nel proseguimento dell’anno scorso le cose sono migliorate in diverse aree, ma con alcune eccezioni. Attualmente, le condizioni di severità idrica riguardano in maniera elevata la Sicilia, con un livello di media gravità la Sardegna, di bassa intensità l’Appennino Centrale e Meridionale, mentre si registra uno stato di normalità per i distretti del Po, delle Alpi e dell’Appennino Settentrionale. 

Lo stato di fiumi e laghi

Nella valutazione della disponibilità idrica è fondamentale l’analisi dei corpi idrici superficiali, come laghi e fiumi, e dei corpi idrici sotterranei.

Nel complesso le rilevazioni effettuate da Ispra nell’ambito del Piano di Gestione delle Acque del 2023 evidenziano come su un campione pari al 70% del totale dei corpi idrici superficiali e sotterranei, il 14% delle acque superficiali risulta in miglioramento dal punto di vista ecologico, il 60% non subisce alcun deterioramento, il 16% invece peggiora il suo stato ecologico. La previsione per il 2027 vede però in miglioramento le condizioni del 63,5% dei corpi idrici attualmente considerati in stato non buono.

Rc auto: rincari per oltre 765.000 automobilisti 

Le tariffe Rc auto continuano a crescere, con effetti negativi anche sugli automobilisti virtuosi. Secondo i dati dell’Osservatorio di Facile.it, a dicembre 2023 per assicurare un veicolo a quattro ruote in Italia occorrevano, in media, 618,55 euro, vale a dire il 35% in più rispetto a dodici mesi prima.

Va ancora peggio agli oltre 765.000 automobilisti italiani che a causa di un sinistro con colpa dichiarato nel 2023 quest’anno vedranno peggiorare la propria classe di merito, con relativo aumento del costo dell’Rc.
“L’inflazione, che nel nostro Paese rimane ancora su livelli elevati, gioca un ruolo chiave sia sul costo di riparazione delle auto sia sul costo medio dei sinistri, fattori che inevitabilmente pesano sull’aumento delle tariffe”, spiega Andrea Ghizzoni, Managing Director Insurance di Facile.it.

In calo gli automobilisti colposi

Dall’analisi del comparatore, realizzata su un campione di oltre 800.000 preventivi raccolti su Facile.it tra novembre e dicembre 2023, emerge però che la quota di guidatori colpiti dai rincari a causa di un sinistro con colpa rispetto allo scorso anno è in calo del 7%.
E se a livello nazionale la percentuale di automobilisti che nel 2023 hanno dichiarato un sinistro con colpa è pari al 2,33%, guardando al campione su base regionale emergono differenze significative.

In Toscana, Liguria, Sardegna più sinistri con colpa

Scorrendo la graduatoria delle aree in cui si è registrato percentualmente il maggior numero di denunce di incidenti con colpa, al primo posto si posiziona la Toscana, dove il 3,02% degli automobilisti vedrà quest’anno aumentare il premio dell’Rc auto.

Seguono i guidatori di Liguria (2,89%) e Sardegna (2,76%). Le percentuali più basse, invece, sono state rilevate in Trentino-Alto Adige (1,57%), Basilicata (1,78%) e Friuli-Venezia Giulia (1,82%).
Se si limita l’analisi alle province italiane, Biella (4,28%) è quella con la maggiore percentuale di sinistri con colpa denunciati, davanti a Massa-Carrara (4,27%) e Cagliari (3,58%). Belluno e Vibo Valentia quelle invece con meno ricorsi alle assicurazioni (entrambe 1,15%), seguite da Pordenone (1,36%).

Identikit di chi vedrà peggiorare la classe di merito

Fra gli uomini la percentuale di chi ha dichiarato un sinistro con colpa è pari al 2,16%, valore più basso rispetto a quello rilevato tra le donne (2,62%).
Quanto al profilo anagrafico, gli automobilisti appartenenti alla fascia 35-44 anni e 19-21 anni sono quelli che hanno denunciato il minor numero di incidenti con colpa. Tra loro, la percentuale di chi vedrà peggiorare la propria classe di merito è pari rispettivamente solo all’1,98 e all’1,99%.

I 25-34enni sono invece il 2,15%, e gli over 65 hanno registrato la percentuale più alta (2,80%).
Gli agenti di commercio sono poi risultati coloro che in percentuale hanno dichiarato con più frequenza un sinistro con colpa (3,55%), e che quindi vedranno aumentare il premio Rc auto. Seguono i pensionati (2,83%) e i liberi professionisti (2,66%).

Immobili: frena la compravendita, la domanda si sposta sugli affitti

A quanto emerge dal 3° Osservatorio sul Mercato Immobiliare 2023 di Nomisma, che ha analizzato le performance immobiliari dei principali 13 mercati italiani, nel 2023 il 7,3% della domanda si è spostata dall’acquisto all’affitto, accentuando la pressione su un comparto già saturo.
In generale, l’erosione del potere di acquisto delle famiglie, associata alle difficoltà di accesso al credito, ha penalizzato le prospettive del comparto immobiliare.

Nel corso dell’anno a ridursi non è stato tanto l’interesse della domanda potenziale, che in Italia si mantiene su livelli elevati, ma le difficoltà riscontrate dalle famiglie a finalizzare l’acquisto di un’abitazione hanno fatto crescere l’interesse per il mercato degli affitti

Compravendite residenziali: -12,5%

“L’improvvisa carenza di ossigeno al mercato immobiliare italiano è dovuta alla mancata indicizzazione dei redditi e dalle accresciute difficoltà di accesso al credito derivante dall’impennata del costo del denaro – si legge nel rapporto -. Politiche creditizie più prudenti unitamente alla frenata della domanda si ripercuotono sui volumi di mutui erogati, che registrano un arretramento del -29% nell’anno in corso, con una conseguente diminuzione delle compravendite nell’ordine del -13%”. 

Considerando le compravendite residenziali, se nel 2022 si era registrato un rallentamento della crescita (+4,7% annuo), la flessione tendenziale semestrale (primo semestre 2023/primo semestre 2022) si è attestata al -12,5% per un totale di 50mila scambi in meno. 

I valori di acquisto si confermano rigidi

La risposta dei valori immobiliari alle condizioni di contesto è stata, ancora una volta, improntata alla rigidità. 
Nel secondo semestre 2023 la variazione semestrale dei prezzi si è attestata tra l’estremo inferiore delle abitazioni in ottimo stato di Cagliari (-1,3%) e quello superiore rappresentato da Milano (+1,3%).

In generale, nella media dei principali mercati italiani, sono le abitazioni in ottimo stato a far segnare una variazione negativa di modesta entità (-0,1% su base semestrale), mentre si arresta la crescita dei prezzi di abitazioni in buono stato (+0,5%). 
Nel secondo semestre 2923 il parziale spostamento di interesse verso il mercato degli affitti ha portato a una vera e propria ascesa dei canoni (+2,1%), con incrementi compresi tra il 3-4% di Milano, Firenze e Torino fino al +5% di Bologna.

Un settore fortemente ridimensionato

Negli ultimi 10 anni il trend dei tempi medi di vendita è stato discendente, ma l’attuale congiuntura mette in luce un’attenuazione della flessione, consolidando i livelli raggiunti nel primo semestre 2023.
A tale tendenza fanno eccezione Bologna, Milano e Roma, nelle quali l’inversione di rotta, ovvero, l’allungamento dei tempi di vendita, appare più netto. Nei maggiori mercati sono necessari meno di 5 mesi per concludere una trattativa, e considerando il segmento della locazione, la forbice varia dal mese e mezzo a poco più di due mesi. 

Insomma, il settore immobiliare italiano chiuderà il 2023 fortemente ridimensionato rispetto all’esuberanza del biennio precedente. E se per il segmento abitativo si prevede il protrarsi della debolezza anche per il 2024, sul versante corporate le condizioni per il rilancio potrebbero essere prossime.

Ristorazione commerciale: Italia seconda in Europa  

Nel corso dell’Aigrim Day 2023, l’appuntamento che riunisce le imprese che effettuano attività di ristorazione nei centri commerciali, nelle aree di servizio autostradali, negli aeroporti e nelle stazioni, sono stati presentati i dati del primo Osservatorio sulla Ristorazione nei Centri Commerciali, realizzato da Deloitte e nato dall’iniziativa di Aigrim e Cncc. 
L’obiettivo è analizzare, su base continuativa, i diversi indicatori di prestazione per fornire elementi utili a definire direttive strategiche, e azioni di miglioramento delle performance del comparto.

Di fatto, nel 2022 il settore si è attestato su un valore di 2.626 miliardi di euro a livello globale, con un tasso di crescita annuo (Cagr) del +4,5%. L’Italia rappresenta il secondo paese nel mercato europeo.
Europa e Paesi asiatici sono le aree che cresceranno maggiormente fino al 2027, rispettivamente del +2,8% e +6,4%. 

Un settore in forte crescita

A livello nazionale il settore della ristorazione è in forte crescita, soprattutto nei centri commerciali, nei quali mostra una crescente rilevanza sul fatturato complessivo (pari al 6%), con un volume d’affari stimato nel 2022 a 4,9 miliardi di euro.
L’incidenza nelle vendite relative alla ristorazione all’interno dei centri commerciali passa dal 9% del 2022 all’11% nel primo semestre 2023.

Il primo semestre del 2023 mostra poi un trend fortemente positivo per il comparto dei centri commerciali, trainato dalla ristorazione (+9,1% vs 2019 e +25,1% vs 2022).
Negli ultimi mesi del 2023 in Italia anche la spesa delle famiglie per i consumi alimentari fuori casa mostra un trend migliorativo, dimostrandosi resiliente al contesto esterno, a differenza di altre categorie merceologiche.

Il mercato torna ai livelli pre-pandemici

“I dati dell’Osservatorio Aigrim-Cncc realizzato da Deloitte confermano ancora una volta quanto il comparto della ristorazione, inserito nella filiera agroalimentare e turistica allargata, sia strategico e di fondamentale importanza per il Paese, con un’incidenza della filiera sul Pil attestata intorno al 20% – commenta il presidente di Aigrim, Cristian Biasoni -. Dopo le forti difficoltà del periodo pandemico, il comparto è tornato al valore precedente al 2020, riassestando la traiettoria di crescita. Per il 2024 gli operatori del settore sono fiduciosi, l’anno appena trascorso è stato molto positivo, e lo sarà anche il 2024”.

Si può fare di più in termini di welfare

Il comparto della ristorazione genera un ricavo medio per metro quadrato annuale pari a 6,3mila euro/m2, con un valore negli ultimi 12 mesi che registra una crescita a doppia cifra rispetto al 2022 (+20%). A livello geografico ila crescita è principalmente trainata dal Nord Est (+32%).

“In questo clima di fiducia e crescita, serve mettere al centro le persone. Il lavoro della ristorazione è impegnativo e spesso si svolge in contesti non facili, ma si può fare tanto in termini di welfare – aggiunge Biasoni -. Il problema delle persone in questo comparto esiste, e serve l’impegno di tutti gli interlocutori, istituzioni comprese”.

Il 5% degli italiani possiede una ricchezza superiore a quella dell’80% più povero

Emerge dal rapporto La disuguaglianza non conosce crisi, pubblicato da Oxfam in occasione dell’apertura dei lavori del World Economic Forum di Davos: a fine 2021 la ricchezza del 5% più ricco degli italiani, titolari del 41,7% della ricchezza nazionale netta, era superiore a quella detenuta dall’80% più povero (31,4%). I super ricchi con patrimoni superiori a 5 milioni di dollari, lo 0,134% degli italiani, erano titolari di un ammontare di ricchezza equivalente a quella posseduta dal 60% dei connazionali più poveri. Tra il 2020 e il 2021 la quota detenuta dal 10% più ricco, 6 volte quanto posseduto alla metà più povera della popolazione, è aumentata dell’1,3% su base annua, a fronte della stabilità del 20% più povero e del calo delle quote di ricchezza degli altri decili della popolazione.

I super-ricchi sono sempre più ricchi

Nel 2022 il valore delle fortune dei super-ricchi italiani (14 in più rispetto a fine 2019) mostra ancora un incremento di quasi 13 miliardi di dollari (+8,8%) rispetto al periodo pre-pandemico. Seppur attenuata dai trasferimenti pubblici emergenziali, nel 2020 cresce la disuguaglianza dei redditi netti, per cui l’Italia si colloca tra gli ultimi paesi nell’Ue. La povertà assoluta interessa il 7,5% delle famiglie (1 milione 960mila) e 5,6 milioni di individui. Un fenomeno allarmante che ha visto raddoppiare in 16 anni la quota di famiglie con un livello di spesa insufficiente a garantirsi uno standard di vita accettabile.

Restano irrisolti i nodi strutturali della crisi del lavoro

Nuovi accordi tra le parti sociali sono particolarmente necessari per i circa 6,3 milioni di dipendenti del settore privato in attesa del rinnovo dei contratti nazionali. Lavoratori che rischiano, con le attuali regole di indicizzazione, di vedere un adeguamento dei salari, calati del 6,6% nei primi nove mesi 2022, insufficiente a contrastare l’aumento dell’inflazione. Se il miglioramento del mercato del lavoro italiano nel 2022 dovrà essere valutato alla luce dei rischi di una nuova recessione, restano irrisolti i nodi strutturali della crisi del lavoro nel nostro Paese: ridotta partecipazione al mercato del lavoro della componente giovanile e femminile, crescenti disuguaglianze retributive, ricorso a forme di lavoro non standard, e conseguente diffusione del lavoro povero. 

La riduzione delle disuguaglianze non interessa i governi

La riduzione delle disuguaglianze è una questione cui nessun governo ha attribuito centralità d’azione. La nuova stagione politica si sta contraddistinguendo più per il riconoscimento di contesti e individui già avvantaggiati che per la tutela dei soggetti più deboli. Invece di rendere più equo ed efficiente il reddito di cittadinanza, lo si abroga dal 2024, adottando per il 2023 un approccio categoriale alla povertà, che vede nell’impossibilità di lavorare, e non nella condizione di bisogno, il titolo d’accesso al supporto pubblico. Anziché porre fine a iniqui trattamenti fiscali differenziati, riporta Adnkronos, si rafforzano regimi come la flat-tax, e invece di puntare a un contrasto all’evasione fiscale, ci si prodiga in interventi condonistici che sviliscono la fedeltà fiscale e incentivano comportamenti opportunistici.

Come proteggere dai ladri un appartamento che si trova al piano terra

In primo piano

Quello dei furti in casa è un problema particolarmente sentito in tutta Italia, indistintamente da Nord a Sud, e che sicuramente si è acuito a seguito della recente pandemia.

Secondo recenti statistiche fornite direttamente da fonti ministeriali infatti, nel corso degli ultimi sei mesi gli episodi di furti in casa sono aumentati del 5,4%.

Si tratta di dati che certamente fanno riflettere e che inducono ad individuare una soluzione che possa arginare il problema.

Bisogna considerare infatti che, oltre il valore economico ed affettivo di ciò che si potrebbe perdere subendo una rapina in casa, ci possono essere anche dei risvolti poco piacevoli per quel che riguarda la serenità e l’incolumità delle persone che potenzialmente potrebbero trovarsi in casa durante un tentativo di furto.

Le soluzioni di sicurezza per un appartamento al piano terra

Ciò è vero soprattutto per le abitazioni che si trovano al piano terreno o comunque ai piani bassi, dato che queste sono maggiormente soggette a tentativi di effrazione in quanto sono più facili da raggiungere.

Per questo motivo, le soluzioni da adottare per mettere in sicurezza ad esempio un appartamento che si trova al piano terra sono differenti da quelle di una abitazione che si trova ai piani più alti.

La porta

Certamente, la prima cosa da considerare per la sicurezza di un appartamento che si trova al piano terra è la protezione della porta d’ingresso.

Sicuramente, va bene scegliere una buona porta corazzata di quelle con il cilindro europeo, le quali sono particolarmente resistenti ed offrono una buonissima protezione.

Per una sicurezza maggiore, è possibile pensare anche a delle inferriate apribili. Le inferriate sono realizzate in acciaio e rappresentano una barriera veramente difficile da superare, sicuramente un ostacolo che richiede molto tempo anche per un semplice tentativo di attacco che già di per sé è sufficiente a indurre eventuali malintenzionati a distogliere le proprie attenzioni dall’appartamento che ne è fornito.

All’occorrenza, le inferriate possono essere aperte per consentire l’ingresso e l’uscita delle persone. Tra l’altro oggi in commercio tantissimi tipi di inferriate, per cui non ci si deve preoccupare di quello che potrebbe essere il risultato estetico finale.

Certamente infatti, sarà disponibile un modello che ben si adatta alle caratteristiche del luogo e dunque perfettamente in grado di calarsi nel contesto architettonico in cui viene inserito.

Le finestre

Un altro dei punti cosiddetti “deboli” delle abitazioni che si trovano al piano terra, o comunque ai piani bassi, sono le finestre.

Le finestre consentono agevolmente ad una persona di poter entrare in un appartamento dall’esterno, ed il semplice vetro o la serranda chiusa non sono di certo dei deterrenti per i malintenzionati.

Per questo motivo anche le finestre vanno messe in sicurezza.

Uno dei metodi più efficaci, o forse il più efficace in assoluto, sono sicuramente le grate di sicurezza.

Le grate Infatti rappresentano una barriera assolutamente invalicabile e dunque solida che consente, ad esempio anche in Estate, di poter lasciare le finestre aperte per far entrare la frescura notturna.

Certamente un vantaggio non da poco.

Il perimetro

Nel caso di abitazione che presenta un giardino, cortile o comunque uno spazio esterno, è sicuramente utile adottare un sistema in grado di rilevare la presenza di qualcuno prima ancora che possa avvicinarsi alla casa.

Esistono Infatti specifici impianti con sensori perimetrali in grado di percepire se qualcuno accede all’aria che circonda la casa nel momento in cui il sistema è attivato.

In quel caso si avvia automaticamente un allarme sonoro che consente di sapere immediatamente della presenza di estranei in giardino e che comunque il più delle volte è sufficiente a mettere in fuga i malintenzionati.

Work Trend Index, da Microsoft le indicazioni del lavoro che ci verrà

“Non si può cancellare l’esperienza vissuta e l’impatto che gli ultimi due anni continueranno ad avere sul mercato del lavoro, poichè flessibilità e benessere sono diventati elementi non negoziabili per i dipendenti. Accogliendo e rispondendo in modo proattivo a queste nuove aspettative, le aziende hanno la possibilità di ripensare l’impostazione del proprio business e il ruolo dei dipendenti per raggiungere obiettivi di successo in un orizzonte di lungo termine” dichiara Jared Spataro, Corporate Vice President, Modern Work, Microsoft. Parole che accompagnano la presentazione dei dati della nuova edizione del Work Trend Index di Indeed, dati che indicano cosa vogliono oggi i dipendenti e cosa invece no.

Cosa si è disposti a sacrificare per il lavoro

I dipendenti hanno seguito negli ultimi due anni una nuova visione di ciò che vogliono dal lavoro e cosa sono disposte a sacrificare per esso. L’indagine di Microsoft sottolinea fortemente questa tendenza. Con il 54% degli italiani ora più propensi a dare priorità alla propria salute e al proprio benessere rispetto al lavoro. Questo trend trova anche riscontro nel dato sugli intervistati che l’anno scorso hanno lasciato il lavoro. Il 17% in Italia, quasi uno su cinque. Il cosiddetto “Great Reshuffle” è tutt’altro che concluso e interessa anche il Belpaese anche se in misura leggermente inferiore che a livello globale: il 37% dei lavoratori dichiara che probabilmente prenderà in considerazione un nuovo lavoro nel prossimo anno (a livello globale è il 43%).
Sarà necessario che i manager sappiano agire a protezione della produttività aziendale. Senza però trascurare i problemi e le richieste dei dipendenti. Per esempio, nonostante l’innegabile desiderio di flessibilità che traspare dalla ricerca (il 41% dei lavoratori considera di passare a modalità di lavoro remote o ibride nel prossimo anno), il 47% dei dirigenti italiani sostiene che la propria azienda prevede un rientro a tempo pieno in ufficio nel 2022.

Il lavoro cambia forma

Queste nuove norme dovranno garantire che lo spazio dell’ufficio sia arricchente per i dipendenti, aiutandoli a sentirsi parte dell’azienda. Inoltre è interessante che il 46% dei dipendenti in Italia si dichiara aperto a sfruttare anche spazi digitali immersivi nel metaverso per future riunioni.
L’analisi dei dati di produttività in Microsoft 365 dimostra che le riunioni e le chat sono in aumento. Spesso estendendosi oltre il tradizionale orario lavorativo. Infatti, la media settimanale di tempo trascorso in riunioni su Teams a livello globale è aumentata del 252% da marzo 2020, e il lavoro extra-time e nel fine settimana è cresciuto rispettivamente del 28% e del 14%.

Utilizzare il 5G abbassa il livello di emissioni: pari a 35 milioni di auto in meno

Utilizzare la tecnologia 5G sarebbe come togliere dalle strade dell’Unione Europea un’auto su sette, ovvero oltre 35 milioni di veicoli. Il 5G, se usato in quattro settori ad alta intensità di carbonio, come energia, trasporti, manifatturiero ed edilizia, potrebbe infatti creare un risparmio annuale di emissioni tra i 55 e i 170 milioni di tonnellate di CO2.  Si tratta dei risultati di uno studio di Ericsson diffuso in occasione del summit Cop26, la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Riprendendo un’analisi di McKinsey, Net-Zero Europe, il rapporto di Ericsson spiega come con la tecnologia di quinta generazione la riduzione totale delle emissioni passerebbe dal 15% al 20% delle emissioni annuali totali del Continente.

Connettività fissa e mobile tra le soluzioni per la riduzione di CO2 

Lo studio di Ericsson sostiene che almeno il 40% delle soluzioni per la riduzione di CO2 adottate nella Ue da qui al 2030 si baserà sulla connettività fissa e mobile. Queste soluzioni di connettività, così come ad esempio lo sviluppo di generatori per produrre energia rinnovabile, potrebbero ridurre le emissioni all’interno del territorio europeo di 550 milioni di tonnellate di biossido di carbonio equivalente (550MtCO2e), ovvero quasi la metà delle emissioni create dall’intero settore energetico nell’Unione nel 2017. E, sempre, nel 2017, l’anno scelto come benchmark dall’analisi, il 15% delle emissioni annuali totali della Ue.

L’implementazione del 5G non è ancora sufficiente

“Nonostante il potenziale in gioco – spiega ancora il rapporto Ericsson – le nuove previsioni sull’implementazione del 5G dipingono un quadro preoccupante per l’Europa”.
Alla fine del 2020, infatti, il 5G copriva circa il 15% della popolazione mondiale. Nel 2027 si stima che la sua diffusione globale sarà circa del 75%. Quindi, solo tre anni prima che le emissioni globali dovrebbero essere dimezzate per rispettare l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5 ºC, riporta Ansa.

Entro il 2027 in Europa poco più dell’80% di copertura

Tutto ciò fa emergere la necessità di accelerare l’implementazione del 5G in tutto il territorio europeo per raggiungere gli obiettivi nazionali e comunitari di decarbonizzazione fissati al 2030. In particolare, quanto alla diffusione del 5G, lo studio prevede che il Nord America e il Nord Est asiatico godranno di una copertura della popolazione superiore al 95% entro il 2027.
“Al contrario, l’Europa è destinata a restare significativamente indietro rispetto ai suoi competitor economici – si legge ancora nel rapporto Ericsson – con poco più dell’80% di copertura della popolazione”.

Il turismo riprende a correre: +70% di annunci di posti di lavoro

Dopo il fermo obbligato dalla pandemia e le difficoltà connesse alle tante limitazioni, il settore del turismo ricomincia a prendere fiato. La riprova, oltre alla possibilità di viaggiare che via via si allarga a nuove destinazioni, è il boom di offerte di lavoro nel comparto del turismo e dell’ospitalità. Lo certifica il sito per la ricerca di lavoro Indeed, che ha appena diffuso i dati relativi a questo specifico segmento professionale.

Recupero con sprint sul 2020

Come precisa l’analisi del portale, gli annunci di lavoro e le ricerche contenenti keyword come ‘turismo’ e ‘ospitalità’ hanno recuperato e superato i livelli del 2020, anno in cui gli annunci nel settore turistico sul portale sono diminuiti del 40%. Nel 2021 si è verificato un rimbalzo, con un aumento del 70% rispetto allo stesso periodo del 2020. In crescita anche i click degli utenti sui lavori legati al turismo, in aumento del 96% rispetto allo scorso anno. 

Più offerte, meno ricerche

Un altro elemento interessante è che, a fronte di un aumento di offerte di lavoro, sono invece diminuite del 2% le richieste. Secondo gli esperti del sito, si tratta di una dimostrazione del fatto che chi opera nel turismo ha capacità trasversali e che quindi ha saputo “riciclarsi” anche in altri ambiti. Ancora, ciò significa che il comparto del turismo ha perso un po’ di smalto per quanto riguarda la sua capacità di attrazione. In sintesi, è un mondo che deve recuperare in termini di appeal professionale.

“Il turismo e l’ospitalità sono la spina dorsale di molte regioni d’Italia”

“E’ incoraggiante vedere che i posti di lavoro nell’industria del turismo quest’anno hanno subito un rimbalzo così forte, speriamo che questo trend continui. Il turismo e l’ospitalità sono la spina dorsale di molte regioni d’Italia e sono vitali per i lavoratori stagionali. Il turismo conta per 1 posto di lavoro su 10 in tutto il mondo. Data la sua natura di settore ‘labour-intensive’, il turismo gioca un ruolo importante per l’occupazione, anche in virtù dell’’effetto moltiplicatore’ che determina nello sviluppo di posti di lavoro nelle regioni rurali e non solo. Tale effetto si verifica anche nelle città più grandi, come Roma e Venezia, in settori come l’arte e la cultura, che sovente dipendono dall’arrivo di turisti internazionali” ha dichiarato Dario D’odorico, responsabile di Indeed per il mercato Italia. I prossimi mesi saranno determinanti per comprendere meglio la tenuta e l’attrattività del turismo italiano.

L’eBike traina il mercato delle bici e il settore… pedala

Mai come in questo ultimo periodo gli italiani si sono avvicinati a nuovi sistemi di mobilità, e in moltissimi hanno riscoperto l’appeal della bicicletta, meglio ancora se elettrica. Tanto che la filiera delle due ruote ha ottenuto risultati record, raggiungendo addirittura un valore di 9 miliardi di euro. Ecco la “fotografia” del comparto della bici, che si è evoluto dalla mountain bike degli anni Novanta alle nuove eBike da città per essere sempre più green. Cambiano i costumi e le mode ma non la passione per le due ruote che in Italia hanno un mercato sempre più esigente e raffinato. La produzione e la vendita di biciclette Made in Italy non ha nulla da invidiare ad altri comparti manifatturieri: dopo una fase di contrazione, che ha caratterizzato l’industria delle due ruote tra fine degli anni Novanta fino al 2017, causa delocalizzazione delle filiere e calo della domanda interna, dal 2018 a oggi la produzione italiana segna +20% grazie proprio al fenomeno della bicicletta elettrica trainata dalle nuove politiche di mobilità sostenibile e dallo sprint ecologico degli stessi abitanti, cittadini e turisti. 

Un ecosistema composto da 2.900 imprese

Le cifre emergono dall’ultimo Market Watch di Banca Ifis, che ha tracciato i confini dell’ecosistema della bicicletta: una filiera che conta circa 2.900 imprese per 17 mila addetti e produce ricavi per 9 miliardi di euro annui. La buona notizia, stando all’analisi, è che nel biennio 2021-2022 un’industria su due prevede un aumento dei ricavi e solo il 10% stima una contrazione. Un segnale di un comparto che cresce sull’onda dell’innovazione e dell’impronta sostenibile: nel 2020 sono state prodotte in Italia oltre 3 milioni di bici, +20% rispetto al 2018.

Un comparto innovativo

Nel 2020 il 90% dei produttori italiani ha aumentato o lasciato invariata la quota destinata agli investimenti. Digitale, sostenibilità e ricerca sono ai primi posti nei piani di investimento. Stando al campione, nel biennio 2021-2022, il 45% degli imprenditori intende ampliare i mercati di riferimento e il 29% punterà anche a rinnovare l’offerta. Il mercato è vivace con una forte richiesta di prodotti più economici e più tecnologici. Sul fronte eBike, negli ultimi 5 anni in Italia, si sono quintuplicate le vendite di biciclette elettriche, passando da poco più di 50.000 pezzi annui ai 280.000 del 2020, il 14% del totale venduto. L’80% dei distributori prospetta un aumento anche nel biennio 2021-2022. Il 90% dei produttori è sicuro che l’eBike sarà una rivoluzione duratura della mobilità per la crescente attenzione alla sostenibilità, gli incentivi all’acquisto e all’innovazione che porta modelli sempre più leggeri e performanti.