Il 5% degli italiani possiede una ricchezza superiore a quella dell’80% più povero

Emerge dal rapporto La disuguaglianza non conosce crisi, pubblicato da Oxfam in occasione dell’apertura dei lavori del World Economic Forum di Davos: a fine 2021 la ricchezza del 5% più ricco degli italiani, titolari del 41,7% della ricchezza nazionale netta, era superiore a quella detenuta dall’80% più povero (31,4%). I super ricchi con patrimoni superiori a 5 milioni di dollari, lo 0,134% degli italiani, erano titolari di un ammontare di ricchezza equivalente a quella posseduta dal 60% dei connazionali più poveri. Tra il 2020 e il 2021 la quota detenuta dal 10% più ricco, 6 volte quanto posseduto alla metà più povera della popolazione, è aumentata dell’1,3% su base annua, a fronte della stabilità del 20% più povero e del calo delle quote di ricchezza degli altri decili della popolazione.

I super-ricchi sono sempre più ricchi

Nel 2022 il valore delle fortune dei super-ricchi italiani (14 in più rispetto a fine 2019) mostra ancora un incremento di quasi 13 miliardi di dollari (+8,8%) rispetto al periodo pre-pandemico. Seppur attenuata dai trasferimenti pubblici emergenziali, nel 2020 cresce la disuguaglianza dei redditi netti, per cui l’Italia si colloca tra gli ultimi paesi nell’Ue. La povertà assoluta interessa il 7,5% delle famiglie (1 milione 960mila) e 5,6 milioni di individui. Un fenomeno allarmante che ha visto raddoppiare in 16 anni la quota di famiglie con un livello di spesa insufficiente a garantirsi uno standard di vita accettabile.

Restano irrisolti i nodi strutturali della crisi del lavoro

Nuovi accordi tra le parti sociali sono particolarmente necessari per i circa 6,3 milioni di dipendenti del settore privato in attesa del rinnovo dei contratti nazionali. Lavoratori che rischiano, con le attuali regole di indicizzazione, di vedere un adeguamento dei salari, calati del 6,6% nei primi nove mesi 2022, insufficiente a contrastare l’aumento dell’inflazione. Se il miglioramento del mercato del lavoro italiano nel 2022 dovrà essere valutato alla luce dei rischi di una nuova recessione, restano irrisolti i nodi strutturali della crisi del lavoro nel nostro Paese: ridotta partecipazione al mercato del lavoro della componente giovanile e femminile, crescenti disuguaglianze retributive, ricorso a forme di lavoro non standard, e conseguente diffusione del lavoro povero. 

La riduzione delle disuguaglianze non interessa i governi

La riduzione delle disuguaglianze è una questione cui nessun governo ha attribuito centralità d’azione. La nuova stagione politica si sta contraddistinguendo più per il riconoscimento di contesti e individui già avvantaggiati che per la tutela dei soggetti più deboli. Invece di rendere più equo ed efficiente il reddito di cittadinanza, lo si abroga dal 2024, adottando per il 2023 un approccio categoriale alla povertà, che vede nell’impossibilità di lavorare, e non nella condizione di bisogno, il titolo d’accesso al supporto pubblico. Anziché porre fine a iniqui trattamenti fiscali differenziati, riporta Adnkronos, si rafforzano regimi come la flat-tax, e invece di puntare a un contrasto all’evasione fiscale, ci si prodiga in interventi condonistici che sviliscono la fedeltà fiscale e incentivano comportamenti opportunistici.