La Lombardia è la Regione con più siti dedicati al Covid-19

Dal mese di febbraio i nuovi siti web registrati con dominio italiano legati alla pandemia e ai suoi effetti sono 3.922, e la Lombardia e la provincia di Milano sono i luoghi dove il “contagio” in rete è più diffuso. Tuttavia, non vi è correlazione tra il numero di registrazioni e i casi di infezione. Lo rivela un’analisi del Registro dominio.it, l’anagrafe dei domini con suffisso “.it”, con sede operativa presso l’Istituto di Informatica e Telematica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iit) di Pisa. L’osservatorio, ideato dall’Unità sistemi e sviluppo tecnologico del portale, specifica che il numero è in crescita e sarà monitorato.

Da mascherine ad antivirus i termini più usati nei nuovi domini

L’analisi ha monitorato attraverso i nomi e la distribuzione geografica i nuovi domini “pandemici”, e secondo il Registro .it, la Lombardia è al primo posto in Italia come regione, seguita da Lazio ed Emilia-Romagna, mentre Milano è al primo posto come provincia. All’ultimo posto di questa graduatoria si trova invece la Valle d’Aosta. La top ten dei termini più usati in questi domini è coronavirus, covid19, covid, mascherine, mask, virus, mascherina, Italia, free, antivirus.

Non c’è correlazione tra il numero delle registrazioni e i casi di Coronavirus

Di fatto, “la correlazione tra il numero delle registrazioni sul tema e i casi di Coronavirus registrati localmente risulta debole – spiega il responsabile del registro e direttore dell’istituto di informatica e telematica, Marco Conti – le regioni che contano più registrazioni sul Covid sono quelle che registrano normalmente più domini .it”.

L’analisi di Registro .it, riporta Ansa, evidenzia che nella maggioranza dei casi questi nomi sono stati registrati da persone fisiche italiane e straniere, oltre a società o imprese individuali e liberi professionisti. Molto bassa, invece, risulta la percentuale di domini assegnati a enti no-profit

Dietro ad alcuni portali si potrebbe celare l’attività dei cyber criminali

Per lo più, spiega Registro .it, si tratta di siti di news, informazioni sanitarie oppure legati alle vendite online. Ma non è tutto oro quel che luccica. “Non è da escludere – aggiunge Marco Conti – che dietro ad alcuni di questi nuovi domini si celino registrazioni speculative e malevoli: anche a livello internazionale è stato appurato che dietro ad alcuni nuovi domini legati alla pandemia si possano celare spammer o cyber criminali”.

Per monitorare eventuali attività illecite svolte tramite i nuovi domini Registro .it sta collaborando con le istituzioni e le autorità competenti impegnate nel contrasto al crimine informatico.

Nel 2019 l’Iot sale a 6,2 miliardi di euro

L’Internet of Things italiano vola, e nel 2019 raggiunge un valore di 6,2 miliardi di euro, crescendo di 1,2 miliardi (+24%) rispetto al 2018. Trainato dalle applicazioni più consolidate, che sfruttano la tradizionale connettività cellulare (3,2 miliardi di euro, +14%) e da quelle che utilizzano altre tecnologie di comunicazione (3 miliardi, +36%), il mercato Iot nostrano è spinto anche dalla componente dei servizi abilitati dagli oggetti connessi, che registra +28% e raggiunge un valore di 2,3 miliardi di euro. Si tratta dei risultati della Ricerca dell’Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano, presentata all’evento online Internet of Things: l’innovazione parte da qui.

“Un mercato che cresce in maturità oltre che in termini di fatturato”

“L’Internet of Things in Italia continua a crescere a ritmi sostenuti in tutti i segmenti di mercato, con incrementi particolarmente significativi nelle soluzioni per la casa intelligente, l’Industria 4.0 e la Smart City – afferma Giulio Salvadori, direttore dell’Osservatorio Internet of Things -. La crescita è trainata dalle nuove tecnologie di comunicazione e dai servizi abilitati dagli oggetti connessi, segno di un mercato che cresce in maturità oltre che in termini di fatturato. Al tempo stesso – continua Salvadori – prosegue l’evoluzione tecnologica: si espandono le reti di comunicazione LPWA (Low Power Wide Area) a cui si affiancano sempre più use case e sperimentazioni abilitate dal 5G, in grado di abilitare nuove opportunità di mercato, sia in contesti consumer sia business o relativi alla PA”.

Il 5G per il Mobile Broadband, Mobile IoT e Massive IoT

Nel corso del 2019, riporta Askanews, sono stati fatti importanti passi avanti sul fronte delle specifiche 5G negli ambiti Mobile Broadband, Mobile IoT e Massive IoT, con molti operatori che stanno passando dalla fase pilota al lancio commerciale di reti su scala globale. I Paesi in prima fila sono Stati Uniti, Corea del Sud e Cina, a livello internazionale, Svizzera, Regno Unito e Austria, in Europa, mentre in Italia sono coinvolti tutti gli operatori di rete, con 14 reti 5G già operative.

Ridurre i consumi energetici e supportare connessioni multiple in parallelo

Le reti LPWA che operano su banda non licenziata continuano a crescere, ampliando la loro copertura su scala globale e il numero di dispositivi certificati in tutti gli ambiti IoT (Smart Metering, Smart Building, Smart Logistics, asset tracking, Industrial IoT e Smart Agriculture). Nell’ambito dei protocolli a corto raggio, WiFi e Bluetooth continuano ad avvicinarsi al mondo IoT con il lancio di nuove versioni, che puntano a ridurre i consumi energetici e supportare connessioni multiple in parallelo.

“Rimane però ancora difficile individuare il livello di personalizzazione supportato da ogni piattaforma – spiega Antonio Capone, responsabile scientifico dell’Osservatorio Internet of Things – con uno spartiacque tra sviluppo ad hoc e configurazione non sempre così evidente”.

Il vademecum per risparmiare energia quando si lavora da casa

Quando si trascorrono molte ore in casa, come sta accedendo in questo momento di emergenza per il Coronavirus, si rischia di consumare più energia di quella necessaria o utilizzata normalmente. Soprattutto se si lavora in smart working. Ma bastano pochi accorgimenti per ridurre lo spreco sia in termini energetici sia per rispettare l’ambiente e il portafoglio, come accendere la luce solo quando è necessario, fare docce brevi, arieggiare casa solo per pochi minuti. Sono alcuni dei consigli di Italtherm, l’azienda italiana che produce impianti di riscaldamento e raffrescamento dell’ambiente domestico.

Luce accesa solo quando è necessario, e non lasciare il pc in standby

Il primo consiglio è sfruttare al massimo la luce naturale aprendo le tende, e accendere la luce solo quando è necessario. Quindi, non dimenticare la lampadina accesa quando si esce da una stanza. Se possibile, usare lampadine Led, che consumano fino al 50% in meno rispetto a quelle incandescenza.

Evitare poi di lasciare il computer in standby nonostante sia la soluzione più pratica. Se il pc rimane inutilizzato per un’ora o più è meglio spegnerlo, e staccare la spina per evitare di consumare inutilmente energia. Soprattutto, è bene eliminare gli screensaver, che oggi hanno solo una funzione decorativa, e consumano più elettricità di quella che il computer utilizzerebbe in totale standby.

Evitare inutili dispersioni di calore e fare docce brevi

Per impostare al massimo i criteri di risparmio energetico dei pc basta anche mettere in stop i dischi rigidi quando inutilizzati, spegnere lo schermo dopo alcuni minuti di inutilizzo, e regolare la luminosità dello schermo. Ma come evitare inutili dispersioni di calore, soprattutto quando l’impianto di riscaldamento è acceso? Semplice, basta arieggiare la casa solo per pochi minuti per stanza. E come consumare meno acqua? Innanzitutto, abituarsi a fare docce brevi. Questo, riduce i consumi due volte, perché permette di risparmiare acqua e al contempo consumare meno gas.

Utilizzare la domotica e riscaldare una stanza alla volta

Con il controllo remoto e il timer, consiglia Italtherm, è possibile gestire gli impianti domestici in modo da utilizzare al meglio l’energia, e solo quando è davvero necessario. Un esempio di sistema per la gestione da remoto degli impianti domestici è l’Italtherm NetApp, che consente all’utente di gestire dal proprio smartphone l’impianto di riscaldamento e la temperatura della casa e di controllare le impostazioni dell’acqua calda sanitaria. Ovviamente, si può decidere di tenere i termosifoni spenti nelle stanze che non si frequentano per gran parte del giorno, limitandosi ad alzare la temperatura nella stanza che viene utilizzata come sede dello smart working. In questo caso è importante tenere la porta chiusa, in modo da evitare inutili dispersioni di calore.

Green economy, una risorsa per imprese, ambiente e occupazione

“Incoraggiare l’economia verde è un investimento non una spesa e la green economy è il nuovo eldorado dell’occupazione”. Ne è convinto Massimo Stronati, il presidente di Confcooperative Lavoro e Servizi. Secondo il quale, convertire i rifiuti in risorse per le imprese e l’ambiente si può. La plastica raccolta, ad esempio, può dare vita a oggetti green “che possono essere inseriti tra gli acquisti della Pa”, spiega il presidente di Confcooperative Lavoro e Servizi. Se degli oltre 170 miliardi di spesa annuale per la plastica se ne destinassero 20 all’acquisto di prodotti nati da plastica riciclata si potrebbe generare nuova occupazione. “Che tra filiera diretta e indiretta continua Stronati – creerebbe lavoro per circa 80 mila persone in meno di tre anni”.

Spesa pubblica e public procurement devono essere volano di sviluppo e ricchezza

“La spesa pubblica e il public procurement – sottolinea a ancora Stronati – possono e devono essere sempre più volano di sviluppo e moltiplicatore di ricchezza ed evitare la tentazione di internalizzare i servizi”. Oltre alle cifre, conta soprattutto la qualità della spesa, riporta Askanews. “Incoraggiare gli acquisti green” dice Stronati “fa bene alle imprese, all’economia e all’ambiente, se pensiamo che nello scenario di riscaldamento globale le stime dei danni da disastri climatici nei paesi del G20 sono pari a oltre il 4% del loro Pil”.

Entro il 2023 quasi 500 mila nuovi posti di lavoro

L’economia verde è quella del futuro, ma già oggi il suo valore è pari al 2,4% del Pil. I dati raccolti nel focus di Censis e Confcooperative dal titolo Smart & green, l’economia che genera futuro, mostrano come “da oggi al 2023 ogni cinque nuovi posti di lavoro creati dalle imprese attive in Italia uno sarà generato da aziende eco-sostenibili – si legge nel focus – oltre il 50% in più di quelli del digitale”. L’occupazione in ambito eco-sostenibile, considerando le stime di crescita del Pil italiano elaborate dal Fmi, e delle previsioni del Sistema informativo excelsior coprirebbe una quota del 18,9% del totale fino al 2023. In termini assoluti, il volume di lavoro con un profilo di competenze green sarebbe pari a 481 mila unità, poco meno di 100 mila all’anno, riferisce Ansa.
L’economia pulita orienta la crescita economica a livello globale
La transizione verso un’economia pulita “sta determinando una modifica strutturale all’interno dell’occupazione nei Paesi avanzati e in quelli emergenti – continua il rapporto di Censis e Confcooperative -. Il bisogno di competenze green e l’adozione di tecnologie nuove nel campo della sostenibilità stanno accompagnando la generale riconversione dei modi di produrre e l’orientamento della crescita economica a livello globale”.
Nel 2017 la stima economica degli effetti del cambiamento climatico ha raggiunto 290 miliardi di euro. “Evitare tali costi – commenta Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative – potrebbe incrementare, entro il 2050% il Pil dei Paesi G20 del 4,7% netto”.

L’Intelligenza artificiale al servizio dell’ambiente marino

Utilizzare l’intelligenza artificiale per scovare le microplastiche presenti in mare. Da oggi è possibile, grazie a uno studio del Cnr svolto nell’ambito del progetto interdisciplinare Pon -Sistemi di rilevamento dell’inquinamento marino da plastiche e successivo recupero-riciclo (Sirimap). Un progetto che ha fra i suoi obiettivi anche lo sviluppo di tecniche automatiche di monitoraggio delle plastiche in ambiente marino.

“L’inquinamento dei mari dovuto alla plastica è una delle maggiori emergenze ambientali che ci troviamo ad affrontare – spiegano Vittorio Bianco e Pasquale Memmolo del Cnr-Isasi -. Quando questi inquinanti scendono fino a dimensioni microscopiche, il problema è ancora più allarmante”.

Un sensore olografico rileva le microplastiche distinguendole dal microplancton

In pratica, un sensore olografico e un metodo innovativo di intelligenza artificiale consentono di rilevare automaticamente la presenza di microplastiche in campioni marini distinguendole dal microplancton, riporta Ansa.

La ricerca, pubblicata su Advanced Intelligent Systems (Wiley), ha coinvolto due gruppi dell’Istituto di Scienze applicate e sistemi intelligenti del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isasi), ovvero il gruppo di Olografia digitale di Pozzuoli, coordinato da Pietro Ferraro, in collaborazione con il gruppo di Intelligenza artificiale di Lecce.

Riconoscere decine di migliaia di oggetti con accuratezza superiore al 99%

“Le microplastiche possono essere ingerite della fauna marina destinata al consumo, entrando nella catena alimentare e causando effetti negativi sulla salute anche umana – commentano  Bianco e Memmolo -. Dimensioni ridotte degli inquinanti e vasta eterogeneità dei campioni marini, finora, hanno impedito di effettuare uno screening automatico e accurato mirato a conoscere l’abbondanza delle microplastiche”.

Il metodo proposto dai ricercatori, invece, utilizza le informazioni fornite da “un microscopio olografico a contrasto di fase, per estrarre da ciascun elemento analizzato un’ampia e inedita gamma di parametri altamente distintivi per questa classe di inquinanti – aggiungono i ricercatori -. Tali parametri hanno consentito di addestrare un’architettura di intelligenza artificiale a distinguere le microplastiche da microalghe di dimensione e forma in apparenza similari”.

Microscopi portatili per analisi in situ della qualità delle acque

“L’unione di olografia digitale e intelligenza artificiale “ci ha consentito di riconoscere decine di migliaia di oggetti appartenenti a diverse classi con accuratezza superiore al 99%”, aggiunge Pierluigi Carcagnì, ricercatore Isasi-Cnr – . Il nuovo metodo di olografia digitale  fornisce un riconoscimento oggettivo di un numero statisticamente rilevante di campioni – prosegue Carcagnì – fino a centinaia di migliaia di oggetti l’ora, con microscopi realizzabili in configurazioni portatili per analisi in situ della qualità delle acque”.

Le parole più googlate nel 2019, Nadia Toffa e Notre Dame

Google, come ogni anno, condivide i trend più interessanti dei 12 mesi passati, le ricerche e le domande rivolte dagli italiani, dividendole in liste e categorie. Un Anno di Ricerche su Google ripercorre quindi il 2019 del motore di ricerca, attraverso le parole emergenti, i personaggi, i perché, le mete di vacanza, le ricette, i biglietti degli eventi, ma anche le ricerche relative a fai da te, come fare, e cosa significa. E le parole emergenti dell’anno per gli utenti italiani di Google sono Nadia Toffa e Notre Dame. La conduttrice del programma televisivo Le Iene, venuta a mancare lo scorso agosto, è anche in cima alla lista dei personaggi del 2019.

La conduttrice de Le Iene dal 2017 catalizza l’attenzione degli utenti

Se la domanda più digitata è “perché è caduto il governo”, ma anche “perché si chiamano sardine”, riferito al movimento che sta riempiendo le piazze italiane, nelle ricerche degli italiani al primo posto emerge per il terzo anno di seguito Nadia Toffa, tra i personaggi più popolari anche nell’analisi di Twitter. Dal 2017, anno in cui rese pubblica la sua malattia, la conduttrice de Le Iene catalizza infatti l’attenzione degli utenti.

Nella lista delle 10 parole emergenti di Google, al secondo posto c’è Notre Dame, la cattedrale di Parigi devastata da un incendio il 15 aprile 2019, seguita da Sanremo, le Elezioni Europee, l’attore Luke Perry, morto il 4 marzo scorso, e noto per aver recitato nella serie televisiva Beverly Hills 90210, riporta Ansa.

Tra i Personaggi emergenti anche Mia Martini e Patty Pravo

Dopo Luke Perry, tra le 10 parole parole più cercate c’è il Governo, seguito da Joker, il personaggio del film interpretato da Joquin Phoenix che ha vinto Il Leone d’Oro a Venezia, Mia Martini, Mahmood, che ha vinto il festival di Sanremo 2019 con il brano Soldi, e il personaggio dei fumetti Thanos. La lista dei Personaggi emergenti, dopo Nadia Toffa, vede invece Luke Perry al secondo posto, seguito da Mia Martini, Mahmood, Mauro Icardi, Cameron Boyce, Matthijs De Ligt, Achille Lauro, Emma Marrone e Patty Pravo.

Le ricerche più curiose e la classifica dei video più visti su YouTube

Tra le ricerche più curiose, segno dei tempi, come fare domanda per navigator (la nuova figura professionale prevista nel decreto del Reddito di Cittadinanza per aiutare i cittadini a trovare un lavoro), e cosa significa Macchu Picchu, mentre la meta di vacanze al top è Zanzibar, e la ricetta emergente è di nuovo la pastiera napoletana. Nei giorni scorsi Google ha reso noto anche la classifica dei video più visti su YouTube, e al primo posto c’è Carote di Nuela, segue la parodia di Soldi di Mahmood fatta da iPantellas e la prima puntata de Il Collegio dal titolo IO ragazzi arrivano al Collegio.

Arriva la pelle sintetica, non solo per la realtà virtuale

Un gruppo di ricercatori della Northwestern University, coordinato da John Rogers, ha realizzato la pelle sintetica. Grazie a una connessione wireless questo nuovo dispositivo indossabile trasmette vibrazioni meccaniche, e in futuro potrà essere utilizzata nella realtà virtuale per percepire le sensazioni tattili a distanza. Ma oltre che nei videogiochi e nei social media, potrà essere utilizzata anche per potenziare le protesi.

“È un risultato dalle prospettive molto interessanti ottenuto sotto la guida di uno dei principali scienziati e tecnologi al mondo sul tema dell’elettronica indossabile – commenta all’Ansa Calogero Oddo dell’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa -. Immagino questa tecnologia applicata per esempio ai cellulari del futuro che potrebbero essere ‘indossati’ sull’avambraccio, dando la possibilità, non solo di di parlarsi e vedersi, ma anche di stringersi la mano a distanza”.

Un foglio elettronico composto di un materiale plastico, morbido e leggero

Il dispositivo, descritto sulla rivista Nature, è un foglio elettronico fatto di un materiale plastico morbido e leggero che aderisce alla pelle e si conforma alla forma del corpo. Contiene una serie di componenti meccanici (attuatori) che convertono l’energia elettrica in vibrazioni, e che vengono alimentati in modalità wireless grazie a un’antenna. In questo modo, si evita l’uso di cavi o batterie interne, che hanno reso piuttosto ingombranti gli altri sistemi indossabili per la realtà virtuale ottenuti finora.

Un rivestimento per le protesi degli arti che permette di percepire le forme

“L’elemento molto innovativo della tecnologia – osserva ancora Calogero Oddo – è che è flessibile e adattabile all’arto che la indossa. Penso, ad esempio, a una persona che ha perso un braccio e che ha una protesi robotica: l’arto residuo può essere rivestito di questa pelle, in modo che quando la protesi robotica tocca un oggetto le invia gli impulsi, permettendo a chi la indossa, di percepire la forma dell’oggetto”.

Possibili applicazioni nei social media, nei videogiochi e nella robotica di soccorso

“Un’altra applicazione – aggiunge Oddo – potrebbe riguardare i social media: due persone collegate a distanza attraverso il pc, se munite di questi dispositivi, potrebbero percepire una carezza a distanza, toccando l’immagine dell’altro sullo schermo”.

Per non parlare delle applicazioni per i videogiochi, che potrebbero diventare più immersivi, permettendo di avvertire le sensazioni tattili dei personaggi. Ma della pelle sintetica potrebbe giovarne anche la robotica di soccorso, grazie alla pelle elettronica un operatore potrebbe percepire a distanza le sensazioni tattili di un robot che opera in una situazione di pericolo, orientando meglio i soccorsi.

Lavorare 4 giorni alla settimana aumenta la produzione del 40%

Viva la settimana corta, anzi cortissima: secondo i risultati di un esperimento condotto da Microsoft in Giappone una settimana di quattro giorni aumenta la produttività del 40%. Ridurre l’orario di lavoro infatti è una necessità particolarmente sentita soprattutto in Giappone, dove molte aziende chiedono ai propri dipendenti oltre 80 ore settimanali di lavoro. Ma secondo l’università dell’Ohio la produttività aumenterebbe anche con una riduzione a 6 ore al giorno, mentre Richard Branson, imprenditore e patron di Virgin, sostiene che la flessibilità del lavoro è la “chiave della creatività”, tanto da proporre settimane lavorative addirittura di tre giorni

Un test condotto da Microsoft in Giappone su 2.300 dipendenti

Durante il mese di agosto Microsoft ha realizzato in Giappone un progetto di riforma del lavoro denominato Work-Life Choice Challenge Summer 2019. All’interno del progetto Microsoft ha condotto un test su 2.300 dipendenti della compagnia, ai quali è stato “regalato” un giorno di ferie pagato tutti i venerdì. Secondo i risultati dell’esperimento, pubblicati sul sito della società, sembra proprio che lavorare fino al giovedì renda i dipendenti più felici e molto più produttivi. Infatti, durante il periodo sperimentale la produttività, misurata attraverso le vendite per ogni impiegato, è aumentata del 39,9% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Tra gli altri risultati rientrano anche risparmi di elettricità per il 23,1%, e del 58,7% della carta utilizzate. E da parte dei dipendenti è stato chiesto il 25% in meno di giorni liberi. Al termine del test, che verrà condotto di nuovo durante l’inverno, il 92% dei dipendenti si è dichiarato soddisfatto, riporta Ansa.

Usare il proprio tempo in maniera più efficiente

“Questo – scrive Microsoft sul sito della Cnbc – è dovuto in parte al fatto che i meeting sono stati ridotti a al massimo 30 minuti, e sono stati condotti di più tramite videoconferenza”.

In pratica, lo studio ha scoperto che offrendo 4 giorni di lavoro alla settimana i dipendenti erano “costretti” a usare il proprio tempo in maniera più efficiente. Di conseguenza molti meeting sono stati cancellati, abbreviati o modificati in incontri virtuali al fine di ottimizzare il tempo e le risorse.

Un nuovo rapporto tra lavoro e vita privata

In un sondaggio del 2016 è stato calcolato che un abitante del Giappone, a fine mese, doveva fare il conto con più di 80 ore di straordinari. Successivamente fu introdotta una legge che limitò il lavoro straordinario a un massimo di 45 ore mensili. Microsoft Japan ha deciso così di spezzare questa tendenza grazie a una nuova strategia, che si pone come obiettivo quello di migliorare la vita dei propri dipendenti, riporta techprincess.it. La strategia adottata da Microsoft Japan ha perciò aperto la strada a un nuovo rapporto tra lavoro e vita privata.

Facebook inizia a nascondere i “like” in Australia

Spariscono i “mi piace” da Facebook, per ora a partire dall’Australia, ma non si sa se la sperimentazione verrà estesa anche ad altri Paesi e se diventerà permanente. La “rivoluzione”, voluta da Mark Zuckerberg, è partita dall’altra parte del mondo, e per il momento rimarrà confinata all’interno del Paese in attesa di analizzarne i risultati.  Si tratta di un’iniziativa già annunciata che segue una tendenza già in corso su Instagram, e in questo caso, anche in Italia. Come per Instagram il “like” potrà ancora essere messo sotto a un post che suscita interesse, ma il totale ricevuto sarà visibile solo per chi ha pubblicato il post. “Un passo positivo che rende i social media un luogo migliore”

Julie Inman Grant, commissaria australiana per la sicurezza digitale, ha dichiarato all’ABC, l’ Australian Broadcasting Corporation, che la rimozione del numero di “mi piace” è “un passo positivo”, e che potrebbe rendere i social media un luogo migliore dove passare il proprio tempo. “Tuttavia, si può fare di più – ha aggiunto Julie Inman Grant  -. Incoraggiamo attivamente le società che hanno costruito queste piattaforme social a effettuare preventivamente valutazioni su rischi di questo tipo”. 

Obiettivo, ridurre il numero di contenuti privi di valore

L’obiettivo di Facebook, riferisce una notizia Agi, è quello di ridurre il numero di contenuti privi di valore e costruiti solo per ottenere un numero sempre maggiore di approvazioni da parte di amici o seguaci. In questo modo, in teoria, sarà possibile incrociare contenuti di maggiore spessore e limitare la pressione sociale che piattaforme di questo tipo generano. Soprattutto tra gli adolescenti.   

Quella di Menlo Park non è stata una decisione presa alla leggera, ma è il frutto di un lavoro intrapreso e condiviso con esperti del settore. La portavoce Mia Garlick, come riporta la BBC, ha riferito che sono stati consultati esperti di salute mentale, gruppi anti-bullismo ed esperti di tecnologia.

Il “pollice alzato” è un tratto caratteristico del colosso del web

Uno studio del Pew Research, uscito nel 2018, riportava come il 43% degli adolescenti americani di età compresa tra i 13 e i 17 anni, percepiva una crescente la pressione nel dover pubblicare contenuti che potessero essere apprezzati dal maggior numero di persone. 

Non è un cambiamento da poco. Il “pollice in alto” rappresenta un simbolo d’approvazione, ed è una prova per stabilire il grado di popolarità online raggiunta da una pagina o da un profilo. Ma è anche a tutti gli effetti un marchio riconoscibile, un tratto caratteristico del colosso del web. Per questo, per ora, non si conoscono ulteriori dettagli sul futuro di questo test, e sull’eventualità che questa trasformazione diventi permanente. 

Arriva il 5G. Una ricerca punta il dito sullo stress da eccesso di informazioni

La rincorsa alle nuove tecnologie diventa ogni giorno più frenetica, rendendoci sempre più sollecitati da un eccesso di stimoli e informazioni. Di conseguenza, veniamo costretti ad accumulare una mole di stress no facilmente gestibile. Il tutto sta culminando nella controversa installazione e sperimentazione di apparati e applicazioni per le reti 5G. Un aspetto, questo, che ha dato vita a una ricerca specifica sulle fonti di stress della vita moderna, curata dall’associazione Amore con il Mondo. La ricerca è stata curata da Paolo Goglio, presidente dell’associazione, che da oltre 10 anni monitora il comportamento sociale derivante dal flusso di informazioni mediatiche.

Quanto pesa la pressione mediatica?

La ricerca ha evidenziato che la sola affissione stradale ci porta a ricevere messaggi condizionanti con una frequenza che supera i 3.000 input/giorno. Si tratta di messaggi posizionati ovunque, ai semafori e agli incroci, nei punti di maggiore affluenza, stazioni, fermate dei bus e aeroporti, sempre più grandi, accattivanti e aggressivi. Insomma, un bombardamento che supera le 5.000 unità input/giorno, considerando che qualunque cosa facciamo e ovunque ci troviamo, riceviamo questo mitragliamento costante di messaggi da televisioni e monitor posizionati ormai ovunque. Le stesse vetrine dei negozi invitano ad acquisti continui, per non parlare di depliant e volantini distribuiti ovunque, o persone che cercano in ogni modo di catturare la nostra attenzione per vendere prodotti e servizi.

La telefonia mobile ha deformato la nostra vita

L’avvento della telefonia mobile e ha saturato ogni minuscolo spazio di vita, “portando questi input su un piano talmente elevato da deformare completamente la nostra vita – spiega Goglio -. La nostra percezione della realtà, le nostre esigenze, i gusti e le abitudini sono deformate, non c’è quasi più nulla di autentico”.

Inoltre, mentre da una parte si grida il proprio diritto alla privacy dall’altra si postano sui social immagini private visibili da tutti in tutto il mondo. Secondo la ricerca il 12,5% di italiani soffre per i danni della quantità abnorme di informazioni negative ricevute su tutti i fronti.

Il passaggio al 5G non può essere sottovalutato

Ecco perché l’avvento di ulteriori tecnologie per aumentare la potenza e la portata del volume di input/giorno non può essere sottovalutata. “Con il passaggio al 5G tutto questo si moltiplicherà esponenzialmente e se da una parte è doveroso prestare ascolto alle numerose voci che allertano sui possibili rischi che milioni di antenne inevitabilmente porteranno con la relativa overdose di emissioni elettromagnetiche e i conseguenti rischi di danno biologico, dall’altra è necessario, anche solo per un istante, fare una pausa”, commenta ancora Goglio.

Se non c’è mai tempo per fare una pausa, è chiaro che saremo sempre più sommersi dalla tecnologia. Basti pensare che in Finlandia stanno già sperimentando il 6G. E se dal punto di vista strettamente tecnologico il progresso è stupefacente, esiste anche un progresso sociale e individuale di cui è necessario prendere coscienza.