Le top ten degli aumenti per i prodotti alimentari e non

A elaborare i dati Istat è l’Unione Nazionale Consumatori: a causa dell’inflazione nel 2022 una famiglia italiana ha speso in media 513 euro in più rispetto al 2021. Quanto alle classi di spesa, vincono la classifica dei rincari pane, pasta, farina e riso, con una spesa aggiuntiva di 100 euro rispetto al 2021, e a fronte di un’inflazione media del 10,9%. In particolare, sono pane fresco e confezionato e pasta fresca, secca e i preparati di pasta, a svuotare le tasche degli italiani, con una ‘mazzata’ rispettivamente di 29 e 24 euro.  Al secondo posto si piazzano i vegetali, che con un’inflazione del +11,8%, costano mediamente 92 euro in più a famiglia. Al terzo posto le carni, con una stangata di 87 euro (+7,2%), di cui il balzo più alto è segnato dal pollame: +13,4% e +31 euro.

Latte, formaggi e uova a +9,5%

Appena giù dal podio, latte, formaggi e uova (+9,5%, 69 euro), poi pesci e prodotti ittici (+7,7%, 40 euro), al sesto posto la frutta (+7,1%, 36 euro), a cui seguono oli e grassi (+18%, 31 euro), con l’olio diverso da quello di oliva che spicca il volo con un +51,6% rispetto al 2021, pari a 13 euro. 
All’ottavo posto acque minerali e bevande analcoliche (+8,7%, +23 euro) e al nono zucchero, confetture e miele (+7,3%, +16 euro).  Chiudono la top ten gli ‘Altri prodotti alimentari’, come salse, piatti pronti, alimenti per bimbi, integratori alimentari e caffè, tè e cacao, entrambi con un incremento di spesa pari a 9 euro rispetto al 2021 e un’inflazione, rispettivamente, del 6,5% e del 5,2%.

Medaglia d’oro dei rincari all’olio diverso da quello di oliva: +51,6 

In termini di inflazione per la top ten 2022 dei prodotti alimentari e le bevande analcoliche vince l’olio diverso da quello di oliva (+51,6%), medaglia d’argento al burro, con un +28,2%, e sul gradino più basso del podio, lo zucchero (+19%). In quarta posizione la farina (+18,5%), poi il riso (+17,9%), la margarina (+17,8%). In settima posizione la pasta (+17,3%), seguita dal latte conservato (+16,5%), e i vegetali freschi (+14,3%). Chiude la top degli aumenti dei prezzi il pollame, con un +13,4%.

Non alimentari: vincono energia elettrica, voli internazionali, gas di città

Per la top ten 2022 dei prodotti non alimentari, al 1° posto si posiziona l’energia elettrica, con un ‘astronomico’ +110,4%. Lo riporta Adnkronos. Al 2° posto i voli internazionali, che nel 2022 volano dell’85,9% rispetto all’anno precedente. Medaglia di bronzo per il gas di città, con un +73,7%, e appena sotto il podio, al 4° posto, il gasolio per riscaldamento (+38,4%), seguito da Gpl e metano (+33,3%) e gasolio per mezzi di trasporto (+22,1%).

Come proteggere dai ladri un appartamento che si trova al piano terra

In primo piano

Quello dei furti in casa è un problema particolarmente sentito in tutta Italia, indistintamente da Nord a Sud, e che sicuramente si è acuito a seguito della recente pandemia.

Secondo recenti statistiche fornite direttamente da fonti ministeriali infatti, nel corso degli ultimi sei mesi gli episodi di furti in casa sono aumentati del 5,4%.

Si tratta di dati che certamente fanno riflettere e che inducono ad individuare una soluzione che possa arginare il problema.

Bisogna considerare infatti che, oltre il valore economico ed affettivo di ciò che si potrebbe perdere subendo una rapina in casa, ci possono essere anche dei risvolti poco piacevoli per quel che riguarda la serenità e l’incolumità delle persone che potenzialmente potrebbero trovarsi in casa durante un tentativo di furto.

Le soluzioni di sicurezza per un appartamento al piano terra

Ciò è vero soprattutto per le abitazioni che si trovano al piano terreno o comunque ai piani bassi, dato che queste sono maggiormente soggette a tentativi di effrazione in quanto sono più facili da raggiungere.

Per questo motivo, le soluzioni da adottare per mettere in sicurezza ad esempio un appartamento che si trova al piano terra sono differenti da quelle di una abitazione che si trova ai piani più alti.

La porta

Certamente, la prima cosa da considerare per la sicurezza di un appartamento che si trova al piano terra è la protezione della porta d’ingresso.

Sicuramente, va bene scegliere una buona porta corazzata di quelle con il cilindro europeo, le quali sono particolarmente resistenti ed offrono una buonissima protezione.

Per una sicurezza maggiore, è possibile pensare anche a delle inferriate apribili. Le inferriate sono realizzate in acciaio e rappresentano una barriera veramente difficile da superare, sicuramente un ostacolo che richiede molto tempo anche per un semplice tentativo di attacco che già di per sé è sufficiente a indurre eventuali malintenzionati a distogliere le proprie attenzioni dall’appartamento che ne è fornito.

All’occorrenza, le inferriate possono essere aperte per consentire l’ingresso e l’uscita delle persone. Tra l’altro oggi in commercio tantissimi tipi di inferriate, per cui non ci si deve preoccupare di quello che potrebbe essere il risultato estetico finale.

Certamente infatti, sarà disponibile un modello che ben si adatta alle caratteristiche del luogo e dunque perfettamente in grado di calarsi nel contesto architettonico in cui viene inserito.

Le finestre

Un altro dei punti cosiddetti “deboli” delle abitazioni che si trovano al piano terra, o comunque ai piani bassi, sono le finestre.

Le finestre consentono agevolmente ad una persona di poter entrare in un appartamento dall’esterno, ed il semplice vetro o la serranda chiusa non sono di certo dei deterrenti per i malintenzionati.

Per questo motivo anche le finestre vanno messe in sicurezza.

Uno dei metodi più efficaci, o forse il più efficace in assoluto, sono sicuramente le grate di sicurezza.

Le grate Infatti rappresentano una barriera assolutamente invalicabile e dunque solida che consente, ad esempio anche in Estate, di poter lasciare le finestre aperte per far entrare la frescura notturna.

Certamente un vantaggio non da poco.

Il perimetro

Nel caso di abitazione che presenta un giardino, cortile o comunque uno spazio esterno, è sicuramente utile adottare un sistema in grado di rilevare la presenza di qualcuno prima ancora che possa avvicinarsi alla casa.

Esistono Infatti specifici impianti con sensori perimetrali in grado di percepire se qualcuno accede all’aria che circonda la casa nel momento in cui il sistema è attivato.

In quel caso si avvia automaticamente un allarme sonoro che consente di sapere immediatamente della presenza di estranei in giardino e che comunque il più delle volte è sufficiente a mettere in fuga i malintenzionati.

Largo consumo: quali saranno i prossimi trend?

Una delle tendenze future evidenziate dal Retail Measurement di NielsenIQ per i beni di largo consumo è l’aumento dei consumi domestici a scapito delle spese fuori casa. Per mitigare l’impatto dell’aumento delle bollette e della spesa alimentare i consumatori spendono infatti meno per intrattenimento e pasti fuori casa. Secondo NielsenIQ le vendite della categoria dei beni di largo consumo riflettono questo trend. Pertanto, nel secondo trimestre del 2022 le vendite di farina, pasta, riso o cibo in scatola sono aumentate del 5,9% a livello globale.  Ma nonostante l’inflazione, i dati di NielsenIQ indicano che gli shopper sono ancora disposti a pagare un prezzo elevato per determinate categorie di prodotti. 

Crescono le vendite di snack, bevande e prodotti per i pet

Crescono anche le vendite di prodotti legati alle attività di consumo di contenuti online e giochi: snack e bevande sono tra le categorie in maggiore crescita a livello globale. Nel secondo trimestre 2022 la vendita delle bevande è infatti cresciuta del 5,4% a livello mondiale. Continua poi l’impennata delle vendite di prodotti per gli animali domestici, la categoria a più rapida crescita a livello globale: nel secondo trimestre 2022 le vendite sono cresciute del 9,8% rispetto al 2021.
Un’impennata che manda un segnale chiaro a manufacturer e retailer: i proprietari sono disposti a spendere per i loro pet.

I consumatori sono disposti a pagare di più per le alternative salutari

Oltre all’attenzione alla convenienza c’è anche quella per la salute: le opzioni alimentari sane e nutrienti sono tra le principali preferenze dei consumatori. Un report su salute e benessere di NielsenIQ evidenzia che il 70% dei consumatori globali è disposto a pagare un prezzo maggiore per prodotti privi di OGM, biologici o naturali. In Europa le alternative salutari come i prodotti bio/organici o vegani sono un trend in rapida crescita. Più della metà dei consumatori europei (55%) è disposta a pagare un prezzo elevato per i prodotti biologici/bio, e in mercati specifici come l’Italia questo trend è ancora più marcato (70%). In molte categorie, poi, la crescita a valore delle varianti biologiche supera la performance del segmento non biologico. 

La cautela nei confronti dei prezzi è un ostacolo all’acquisto

Sebbene in Europa occidentale il 3%-5% segua diete completamente vegane o vegetariane, in media circa 3 famiglie europee su 10 hanno ridotto il consumo di carne per motivi di salute. E in un numero sempre maggiore di categorie, i consumatori scelgono opzioni vegetali, come snack surgelati, caramelle e gelati. Come dimostrano i numeri delle vendite, gli shopper sono disposti a spendere per categorie e attributi di prodotto che rispondano a esigenze fondamentali, come la salute e il benessere.
I manufacturer e retailer devono considerare che la cautela nei confronti dei prezzi è un ostacolo all’acquisto. Per mantenere i consumatori fedeli ai brand è quindi fondamentale offrire opzioni più economiche, ad esempio, offrendo alternative salutari a prezzi accessibili.

Trend 2023: Mobilità, Fashion, Food, Sostenibilità e Digital Transformation

Dal 29 novembre al 1 dicembre si è tenuta la sesta edizione dei Wired Trends 2023, nati dalla collaborazione tra Ipsos e Wired Italia dedicati alle tendenze protagoniste dei prossimi 12 mesi. In particolare, nei campi mobilità, food, fashion, sostenibilità e digital transformation.
“I trends sono come una fotografia: ci aiutano a capire cosa succede nella nostra società civile, quali sono le trasformazioni, come cambiano i mercati, gli atteggiamenti, le paure”, commenta Nicola Neri, ceo Ipsos.
Ad esempio, il 78% dei cittadini sostiene che per non andare incontro a un disastro ambientale è necessario cambiare il proprio modo di vivere, eppure il 55% è convinto che gli scienziati non sappiano di cosa parlano quando si occupano di ambiente.

“La mobilità è un diritto elementare”

Sulle nuove tendenze della mobilità e del trasporto pubblico e privato, i dati raccolti dall’Osservatorio Ipsos, condotto in collaborazione con Legambiente, mettono a confronto Milano, Torino, Roma, Napoli con le maggiori città europee.
“La mobilità è un diritto elementare – afferma Chiara Ferrari, Lead, Ipsos Public Affairs -. Le grandi aree metropolitane sono un laboratorio su cui possiamo sperimentare e da cui possiamo imparare”. 
Di fatto, se l’aria pulita di Helsinki raggiunge la percentuale del 72% a Torino non supera il 33%. Mentre la percentuale di piste ciclabili sul totale della rete stradale se a Torino e Milano raggiunge il 6-7% ad Amsterdam il 26%.

Fashion e food: parola d’ordine sostenibilità 

I principali fashion trends per il 2023 riguarderanno business model, tecnologia (con l’affermarsi del Metaverso), diversi canali di vendita e Diversity&Inclusion. Ma soprattutto, sostenibilità. “Non si tratta di un trend, ma di un imperativo categorico – spiega Silvia Andreani, Client Officer Luxury Fashion & Beauty Ipsos -. Il 49% degli intervistati pagherebbe di più per comprare i prodotti i brand con un impegno etico e ecosostenibile”. E il 92% smetterebbe di acquistare da brand che non sono portatori di valori etici. Quanto al food, nel 2023 guideranno il settore climate change, globalizzazione, salute, e lifestyle. E se il 94% degli intervistati pone più attenzione allo spreco e il 63% vuole un regime alimentare più sano, solo il 6% segue una dieta vegana o vegetariana.

Il futuro tra disastro ambientale e progresso tecnologico

Negli ultimi anni le riflessioni su sostenibilità, climate change e sviluppo sostenibile sono state messe in secondo piano dal Covid, l’inflazione e la guerra, ma il 90% delle persone pensa che si andrà incontro a un disastro ambientale se non si cambia.
Quanto alla digital transformation, “sono evidenti i vantaggi che possono derivare dalla transizione digitale – sottolinea Ilaria Ugenti, Corporate Reputation Leader Ipsos -. Più di due aziende su tre riconoscono che la transizione digitale ha permesso di liberare i propri dipendenti da una serie di mansioni di routine”.
Inoltre, per il 75% degli intervistati è inevitabile perdere un po’ di privacy in nome del progresso tecnologico, ma per il 45% il progresso tecnologico sta distruggendo le nostre vite. 

Futuro green? Gli italiani ci credono, tanto da investirci 

Gli italiani vogliono credere, e puntano, su un futuro Green, anche in termini di investimento. Immaginando il futuro con un orizzonte al 2050, il 71% degli italiani (contro una media dei Paesi Ue del 48%) è convinto che l’energia, i prodotti e i servizi sostenibili saranno disponibili a prezzi convenienti per tutti, incluse le persone meno abbienti. Per il 68% degli italiani (più della media europea, pari al 57%) le politiche per far fronte al cambiamento climatico e a favore della sostenibilità ambientale consentiranno di creare nuovi posti di lavoro in misura maggiore di quanti se ne distruggeranno. Per il 71% (il 61% nella media Ue) si potrà creare nuova occupazione di qualità in termini di retribuzioni e sicurezza dei luoghi di lavoro. Provati dalla successione di eventi atmosferici avversi, gli italiani ora guardano positivamente alle tecnologie green e alle opportunità economiche della transizione ecologica. È quanto emerge dal Rapporto annuale Assogestioni-Censis, presentato nell’ambito del talk di approfondimento R-Evolution Esg, trasmesso sulla piattaforma FR|Vision.

Strumenti finanziari ad hoc

Questa sensibilità verso le energie green e in generale verso la sostenibilità incide positivamente anche sulle intenzioni dei risparmiatori, stimolati dall’inflazione a riallocare l’ingente accumulo di cash. Il 57,4% dei risparmiatori italiani considera positivamente l’idea di investire in prodotti finanziari e in imprese sostenibili. Maggiormente convinti sono i residenti nel Nord-Ovest (61,7%), i laureati (67,9%) e le persone con redditi alti (76,6%). Si tratta di un’apertura che candida gli investimenti green a occupare un posto rilevante nella competizione per attrarre risorse da riallocare.

Consulenti finanziari figure fondamentali per questo passaggio 

Il 57,5% dei risparmiatori italiani ritiene indispensabile l’assistenza di un consulente finanziario nella scelta degli investimenti da indirizzare su imprese, settori, progetti sostenibili. Convinti di avere bisogno di una consulenza fidata e di competente certe per orientarsi in tempi di forte incertezza, lo sono ancora di più quando si parla di investimenti green.

Un ente che certifichi la “verità”

L’89,8% dei risparmiatori italiani vorrebbe che ci fossero istituzioni o enti certificatori terzi per garantire che gli investimenti green siano effettivamente conformi agli obiettivi e ai criteri annunciati dai proponenti. Sarebbe una soluzione che consentirebbe di concretizzare le intenzioni dichiarate dai risparmiatori sugli investimenti green, perché permetterebbe di superare la persistente confusione e di fugare ogni diffidenza. 

Previsioni APT 2023: dall’hacking dei droni a un nuovo WannaCry

Quali saranno e come avverranno gli attacchi informatici nel 2023? Rispondono i ricercatori di Kaspersky, che hanno presentato le previsioni sul futuro delle Advanced Persistent Threat (APT), che emergeranno nel corso del prossimo anno. Le tensioni politiche del 2022 hanno determinato un cambiamento che si rifletterà sulla cybersecurity dei prossimi anni, e avrà un effetto diretto sullo sviluppo di futuri attacchi sofisticati. Questi potrebbero riguardare, in particolare, attacchi a tecnologie satellitari e server di posta elettronica e l’hacking dei droni. Al contempo, si potrebbe assistere all’aumento degli attacchi distruttivi e delle violazioni, e a una prossima grande epidemia informatica, simile a quella di WannaCry.

Una nuova epidemia informatica

Statisticamente, alcune delle epidemie informatiche più grandi e impattanti si verificano ogni sei/sette anni. L’ultimo incidente di questo tipo è stato appunto il ransomware-worm WannaCry, e i motivi per cui un fenomeno simile potrebbe ripetersi sono che gli attori delle minacce più sofisticate probabilmente sono in possesso di almeno un exploit adatto, e le attuali tensioni globali aumentano notevolmente la possibilità che si verifichi. I cambiamenti più importanti si rifletteranno anche sui nuovi obiettivi e scenari di attacco: il prossimo anno si potranno individuare attaccanti e specialisti abili nel combinare intrusioni fisiche e informatiche, impiegando droni lanciati con dispositivi fisicamente vicini al target.

Attacchi di alto profilo contro le infrastrutture

Considerato l’attuale clima politico si prevede un numero record di attacchi informatici che colpiranno le PA e i principali settori di mercato. È probabile che una parte non sia facilmente riconducibile a incidenti informatici, ma appaia come un incidente casuale. Altri attacchi assumeranno la forma di pseudo-ransomware o operazioni hacktivist per fornire una copertura plausibile ai veri autori. Anche gli attacchi informatici di alto profilo contro le infrastrutture a uso civile, come reti energetiche o radiodiffusione pubblica, potrebbero diventare obiettivi, così come i collegamenti sottomarini e i nodi di distribuzione della fibra, difficili da difendere.

L’anno degli zero-day per i servizi e-mail

I server di posta elettronica contengono informazioni chiave, quindi sono elementi interessanti per gli attori APT e hanno la più grande superficie di attacco immaginabile. I leader di mercato hanno già affrontato lo sfruttamento di vulnerabilità critiche e il 2023 sarà l’anno degli zero-day per tutti i principali programmi di e-mail. Con le attuali funzionalità e la prova che le APT sono in grado di attaccare i satelliti, poi, è probabile che in futuro i cybercriminali rivolgeranno sempre più l’attenzione alla manipolazione e all’interferenza con le tecnologie satellitari. Inoltre, la nuova modalità di attacco ibrido sviluppata nel 2022 ha comportato numerose operazioni hack-and-leak. Queste persisteranno anche nel prossimo anno, con gli operatori APT che faranno trapelare dati su gruppi di minaccia concorrenti e diffonderanno informazioni.

Attacchi DDoS: nel terzo trimestre 2022 raddoppiano gli smart attack

Nel terzo trimestre 2022 gli attacchi DDoS (Distributed Denial of Service) sono aumentati significativamente. Rispetto al terzo trimestre 2021, il numero complessivo di attacchi è aumentato del 47,87%, mentre il numero di attacchi smart, ovvero sofisticati ed eseguiti in modo professionale, è raddoppiato. Si tratta di alcuni risultati del report trimestrale pubblicato da Kaspersky.  Un attacco DDoS è progettato per impedire a un sito web di funzionare normalmente o per bloccarlo. Durante un attacco, che di solito prende di mira PA, società finanziarie o di vendita al dettaglio, media o altre organizzazioni, la vittima perde i clienti a causa dell’indisponibilità del suo sito web. E di conseguenza, ne risente anche la sua reputazione.

Calano gli attacchi non professionali

Secondo Kaspersky, si tratta di un quadro standard: a un’estate relativamente calma segue una forte impennata dell’attività DDoS.
Ciò che rende il terzo trimestre più significativo è il continuo calo degli attacchi non professionali. Sebbene durante la prima metà del 2022 gli hacktivist siano stati piuttosto attivi nei tentativi DDoS, nel terzo trimestre si sono orientati verso altre attività malevole, e il numero di attacchi DDoS di hacktivist tende allo zero. Nel frattempo, il numero di attacchi professionali di alta qualità è rimasto a un livello elevato.

Più colpiti i settori finanziario e governativo

Gli obiettivi degli attacchi non sono cambiati, rivolgendosi principalmente ai settori finanziario e governativo. Entrambi questi elementi rafforzano l’idea che dalla primavera fino almeno alla fine di settembre i professionisti lavoravano su commissione contro questi settori.
In termini di durata degli attacchi, non ci sono stati nuovi record. Se il secondo trimestre è stato caratterizzato dall’attacco più lungo mai osservato, il terzo trimestre è stato più tranquillo. In media, gli attacchi sono durati circa otto ore, mentre il più lungo è stato di poco meno di quattro giorni. Rispetto al quarter precedente, questo dato sembra piuttosto modesto, ma le cifre sono comunque elevate.

“Raggiungere obiettivi chiaramente definiti”

“Dalla fine di febbraio abbiamo osservato e contrastato un numero insolitamente alto di attacchi da parte di attivisti dilettanti – commenta Alexander Gutnikov, Security Expert di Kaspersky, come riporta Adnkronos -. Tuttavia, il numero di questo tipo di attacchi è diminuito gradualmente, e alla fine del terzo trimestre è tornato a livelli normali. Durante questo periodo, abbiamo osservato molti attacchi sofisticati che miravano a raggiungere obiettivi chiaramente definiti: ad esempio, tagliare fuori i media o persino sospendere le operazioni generali delle organizzazioni governative”.

La recessione? Durerà poco, parola di ad

La recessione è in arrivo, però durerà poco. Ad affermarlo è la gran parte dei 1.300 amministratori delegati delle più grandi aziende al mondo, intervistati nel rapporto di Kpmg ‘Ceo Outlook 2022’  sulle prospettive dell’economia globale e sulle strategie per rispondere al contesto. Più nel dettaglio, si legge che l’86% degli amministratori delegati di società prevede l’arrivo di una recessione, anche se il 58% si aspetta che sarà leggera e breve. Ancora, il 73% dei ceo prevede che la recessione interromperà la crescita prevista della propria organizzazione, ma tre quarti, il 76%, hanno già adottato misure precauzionali in vista di una recessione assai prossima.

Gli italiani i più ottimisti (ma meno preparati)

Un po’ a sorpresa, gli amministratori delegati del nostro Paese si dichiarano più ottimisti su una possibile recessione, ma anche meno preparati ad affrontarla: il 72% degli intervistati ritiene che ci sarà una recessione nei prossimi 12 mesi, il 44% ritiene che sarà breve e lieve, mentre solo il 52% ha già adottato misure precauzionali in vista di una recessione incombente. Il 14% dei ceo globali, riferisce Adnkronos, identifica il rischio di una recessione tra le preoccupazioni più urgenti in questa fase, anche se le difficoltà legate alla pandemia sono ad oggi il tema considerato più critico (15%). I ceo italiani, invece, hanno indicato come principale preoccupazione per la crescita della propria azienda l’adozione di tecnologie digitali (18%), le difficoltà legate alla pandemia (16%) e i rischi reputazionali (14%).

I fattori di rischio

Ma quali sono i principali fattori di rischio che potrebbero avere ripercussioni sull’incremento del business nel prossimo triennio? A livello globale, i ceo identificano le nuove tecnologie, le tematiche operative, la regolamentazione, il rischio climatico e il rischio reputazionale. Per quanto riguarda le opinioni degli ad di casa nostra, invece, i maggiori fattori di rischio sono un ritorno al territorialismo (16%), i rischi reputazionali (14%) e i rischi operativi (14%). Il rischio reputazionale, e quindi il pericolo di un disallineamento rispetto alla percezione della propria azienda da parte di clienti e opinione pubblica, sta destando maggiori preoccupazioni tra gli amministratori delegati rispetto all’inizio del 2022 (10% ad agosto contro il 3% a febbraio). Tanto che, in risposta alle sfide geopolitiche, il 51% delle organizzazioni globali ha interrotto la collaborazione con la Russia e il 34% prevede di farlo nei prossimi sei mesi. Alleanze strategiche (26%), crescita organica (22%) e gestione dei rischi geopolitici (20%) sono in cima alla lista delle strategie più importanti per il raggiungimento degli obiettivi di crescita aziendale nei prossimi tre anni. I ceo, secondo il rapporto di Kpmg, indicano che le incertezze geopolitiche continueranno ad avere un importante impatto sulle strategie aziendali e sulle catene di approvvigionamento nei prossimi 3 anni.

Riscaldamento: cosa pensano gli italiani sono delle nuove regole?

Gli italiani rispetteranno le nuove regole approvate per razionalizzare l’uso del riscaldamento in ambito domestico? Il Ministro della Transizione Ecologica ha firmato il decreto con le nuove regole per il riscaldamento domestico, ma gli italiani non sono pronti a rispettarle. Sono 4 milioni i cittadini che dichiarano esplicitamente che non lo faranno. Il dato emerge da un’indagine commissionata da Facile.it agli istituti di ricerca mUp Research e Norstat.
Eppure, “Rispettare le nuove regole non solo porta benefici perché consente di ridurre l’uso del gas – spiegano gli esperti di Facile.it – ma ha importanti effetti positivi anche sulla bolletta di ciascun consumatore”.

Gli over 55 sono più inclini a rispettare le indicazioni 

“Secondo le stime di ENEA, grazie alle nuove norme ogni famiglia potrà ridurre l’uso di gas, in media, di oltre 130 smc. Con le attuali tariffe significherebbe, in base alle simulazioni di Facile.it, un risparmio in bolletta di oltre 260 euro”, continuano gli esperti.
Scorrendo i dati dell’indagine emerge, inoltre, che dal punto di vista anagrafico sono gli over 55 i più inclini a rispettare le nuove regole (64% tra i 55-64enni e addirittura il 74,5% tra gli over 65). I meno favorevoli, invece, gli intervistati con età compresa tra i 45 e i 54 anni. Tra loro l’11,3% afferma che non si adeguerà alle nuove indicazioni. Ma un dato allarmante è quello degli oltre 3,8 milioni di individui che dichiarano addirittura di non essere a conoscenza delle nuove regole.

Le donne sono più virtuose

Se a livello nazionale la percentuale di chi non rispetterà le nuove regole è pari al 9,4%, dividendo il campione tra uomini e donne emerge che queste ultime sono più virtuose. Tra loro ‘solo’ il 6,5% ha ammesso che non si atterrà alle norme del ministero (contro il 12,4% rilevato nel campione maschile). A livello territoriale, invece, i meno disposti sono i residenti del Nord-Ovest (12%). Dal punto di vista anagrafico, tra chi dichiara di non essere a conoscenza delle nuove regole i meno informati sono coloro di età compresa tra 25-34 anni (12,1%), e a livello territoriale, i residenti nelle regioni del Centro Italia (13,1%).

Le strategie per risparmiare sulle bollette
Per risparmiare sui consumi energetici, quasi 1 intervistato su 5 (19,4%) è tornato a lavare a mano piatti e posate per ridurre l’uso della lavastoviglie, mentre il 7,6% (circa 2,5 milioni), ha iniziato a lavare a mano anche gli indumenti. Sempre con l’obiettivo di ridurre il numero di lavatrici settimanali, il 18% dichiara addirittura di aver iniziato a usare più a lungo i vestiti prima di lavarli.
Tra le aree a cui gli italiani fanno più attenzione c’è quella dell’illuminazione, tanto che il 66,2% dichiara di aver iniziato ad accendere la luce in casa più tardi rispetto al passato, e solo quando necessario.
In molti, circa 4 milioni di italiani (12,5%), per tagliare la bolletta elettrica hanno invece scelto di cambiare un vecchio elettrodomestico con uno più efficiente.

L’uso eccessivo dei social media è associato al rischio depressione?

Ci potrebbe essere un legame fra utilizzo di social media e l’insorgere della depressione? Probabilmente sì, specie se il tempo trascorso sui social è tanto. Ad affermarlo è un recente studio, condotto da un team di ricercatori dell’Università dell’Arkansas, che è stato pubblicato  sulla rivista specializzata Journal of Affective Disorders Reports. “Precedenti ricerche hanno collegato lo sviluppo della depressione a numerosi fattori”, hanno osservato gli autori. “Tuttavia, la letteratura è carente di studi incentrati su come le varie caratteristiche della personalità possano interagire con l’uso dei social media e la depressione. Questo nuovo studio ha affrontato queste importanti domande, trovando associazioni forti e lineari di depressione in tutti i tratti della personalità”.
Tra i risultati dello studio emerge che le persone con un’elevata gradevolezza avevano il 49% di probabilità in meno di diventare depresse rispetto alle persone con una bassa gradevolezza. Inoltre, quelli con alto nevroticismo avevano il doppio delle probabilità di sviluppare depressione rispetto a quelli con basso nevroticismo quando utilizzavano più di 300 minuti di social media al giorno. Ancora più importante, per ogni tratto della personalità, l’uso dei social media è stato fortemente associato allo sviluppo della depressione. Lo studio è stato condotto su un campione di circa 1.000 giovani americani fra i 18 e i 30 anni.

Come si “misura” lo stato psicologico? 

La depressione è stata misurata utilizzando il Patient Health Questionnaire. I social media sono stati parametrati chiedendo ai partecipanti allo studio quanto tempo trascorrevano ogni giorno sulle piattaforme di social media più popolari e la personalità è stata “analizzata” utilizzando il Big Five Inventory, che ha valutato l’apertura, la coscienziosità, l’estroversione, la gradevolezza e il nevroticismo.  Gli autori suggeriscono che un confronto sociale problematico può aumentare i sentimenti negativi verso se stessi e gli altri, il che potrebbe spiegare come il rischio di depressione aumenti con un maggiore utilizzo dei social media. Impegnarsi principalmente in contenuti negativi può anche aumentare questi sentimenti. Infine, vivere molto tempo sui social media riduce le opportunità di interazioni e attività di persona fuori casa.

Dati importanti in un mondo tecnologico

I risultati sono ancora più significativi perchè la depressione viene considerata tra le principali cause di disabilità e mortalità in tutto il mondo. 
“I risultati di questo studio sono importanti in un periodo di espansione e integrazione tecnologica”, ha affermato il team di studio. “Connettersi virtualmente con le persone può aumentare il rischio di problemi di comunicazione o di percezione errata che portano a difficoltà relazionali e al potenziale rischio di sviluppare problemi di salute mentale”.