Nel 2023 aumenta il furto di dati: +45% sul dark web

I reati informatici sono sempre più mirati e subdoli. Tanto che nel 2023 si è registrato un aumento di furti delle credenziali di account, insieme ad altri dati di grande valore per gli hacker. Si stima che i dati circolanti nel dark web o accessibili tramite piattaforme di messaggistica superino i 7,5 miliardi a livello globale, con un incremento del +44,8% rispetto al 2022. Le segnalazioni di dati individuati sul dark web sono state 1.801.921, con una crescita del +15,9% rispetto all’anno precedente, mentre in Italia il numero di utenti allertati per furto di dati monitorati nel dark web è aumentato del +13,9% rispetto all’anno precedente.

I principali trend del cybercrime

L’Osservatorio Cyber di CRIF ha analizzato la vulnerabilità degli utenti e delle aziende agli attacchi cyber, interpretando i principali trend riguardanti i dati scambiati sia nell’ambiente open web che nel dark web.

Beatrice Rubini, Executive Director di CRIF, sottolinea che i cybercriminali utilizzano malware e applicazioni sempre più sofisticati, diventando una minaccia reale. Cresce anche l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale per confezionare truffe via email, con messaggi sempre più convincenti e link malevoli sempre più pericolosi. Anche in Italia si registra un aumento delle segnalazioni di furto di dati monitorati sul dark web. “Diventa quindi sempre più importante per aziende pubbliche e private avere sistemi di vulnerability assessment e fare campagne di sensibilizzazione interna dei dipendenti. Dall’altro lato, è consigliabile per i consumatori gestire i propri dati in maniera scrupolosa, affidandosi anche a strumenti che oggi permettono di proteggere i dispositivi e monitorare i nostri dati”, spiega Rubini.

Comportamenti poco attenti

Rubini evidenzia che gli utenti online contribuiscono inconsapevolmente al fenomeno adottando comportamenti poco attenti. Ad esempio, molti user tendono a riutilizzare le stesse password per diversi account o a salvare le credenziali di accesso direttamente nel browser, diventando particolarmente vulnerabili agli attacchi.

Nel 2023, l’indirizzo email è diventato particolarmente prezioso, nel 94,4% dei casi associato alla password: un fenomeno che espone le vittime a messaggi di phishing sempre più accurati. Questi messaggi contengono link malevoli che inducono le persone a fornire ulteriori informazioni ai criminali. La gravità degli alert inviati nel 2023 è aumentata del +29% rispetto all’anno precedente, confermando un aumento della vulnerabilità alle frodi.

I “kit di phishing”

Nel 2023 si è anche osservato un aumento degli strumenti messi a disposizione della comunità di cybercriminali, come i “kit di phishing” che consentono anche ad hacker meno esperti di condurre campagne di phishing sofisticate.

I dati e gli account più presi di mira

Le categorie di dati più vulnerabili includono password, indirizzi email, username, nome e cognome e numero di telefono. Queste informazioni, spesso associate tra loro, circolano principalmente sul dark web, rendendole di facile accesso agli hacker. Gli account email più violati includono Gmail, Yahoo e Hotmail, con la maggior parte degli account violati riferiti a siti di intrattenimento, e-commerce e social media. 

Cybersecurity: il mercato italiano tocca i 2,15 miliardi

L’interesse delle aziende italiane per la cybersecurity continua a crescere, confermandosi prioritaria tra gli investimenti in digitale di Pmi e grandi imprese. L’81% di queste ultime ha definito un piano di sviluppo strutturato in materia, con una strategia di lungo periodo.
Nel 2023 il mercato italiano della cybersecurity ha raggiunto il record di 2,15 miliardi di euro, +16% rispetto al 2022.

Allo stesso tempo, il 74% delle grandi organizzazioni italiane ha rilevato un incremento dei tentativi di attacco, e il 12% ha subito conseguenze tangibili derivanti da un incidente informatico.
Emerge dalla ricerca dell’Osservatorio Cybersecurity & Data Protection della School of Management del Politecnico di Milano.

Il rapporto tra spesa in cybersecurity e PIL

Il rapporto tra spesa in cybersecurity e PIL in Italia si attesta allo 0,12% (0,10% nel 2022), un risultato che colloca ancora il nostro Paese all’ultimo posto nel G7, a grande distanza da Stati Uniti (0,34%) e Regno Unito (0,29%), nonché Francia o Germania (0,19%).

Il 62% delle grandi organizzazioni italiane ha comunque aumentato la spesa in cybersecurity, trainata dall’inserimento di nuovi strumenti (68%), maggiore attenzione dedicata dai board aziendali (62%) e la necessità di azioni di adeguamento normativo (43%).
Le aziende più piccole faticano a tramutare questo interesse in investimenti concreti, a causa delle risorse limitate e l’assenza di un’offerta di mercato che vada incontro alle loro specifiche esigenze. La spesa sostenuta dalle grandi imprese rappresenta infatti oltre tre quarti del mercato.

Gli strumenti di AI

L’adozione di strumenti di AI da parte delle grandi imprese risulta ancora in uno stato precoce: nonostante il 56% delle organizzazioni abbia introdotto strumenti e tecnologie AI in ambito cybersecurity, solo il 22% li utilizza in maniera estesa. 

Molte soluzioni di sicurezza tradizionale presenti da tempo sul mercato devono però ancora giovare dell’avanzamento tecnologico. Un aiuto, su questo fronte, potrà arrivare dalle startup. Nel mondo ne sono state individuate 167 che stanno sviluppando soluzioni di cybersecurity basate su AI, che hanno ricevuto complessivamente 2,4 miliardi di dollari di finanziamenti.
Le 7 startup italiane hanno raccolto in media circa 1 milione di dollari, contro poco più di 3 milioni a livello europeo e circa 18 milioni a livello globale.

La formazione in azienda

Secondo il 71% delle grandi aziende le attività di formazione e sensibilizzazione dei dipendenti rappresentano una delle principali priorità di azione in ambito cybersecurity.

La quasi totalità delle grandi organizzazioni prevede già iniziative finalizzate ad accrescere la consapevolezza in materia, con piani di formazione che coinvolgono una porzione più o meno estesa dei propri dipendenti (77%). Parallelamente, le aziende stanno cercando di rendere più robusti i team di cybersecurity: nell’ultimo anno si evidenzia una crescita del numero degli specialisti interni (51% delle aziende) e dei consulenti esterni (45%). La sfida, però, coinvolge l’intero sistema Paese. Da un lato, c’è una strutturale mancanza di competenze nell’utilizzo di strumenti tecnologici, dall’altro, un forte skill gap, che evidenzia una mancanza di circa 300.000 specialisti in ambito cybersecurity a livello europeo.

Crescita inarrestabile per il mercato digitale italiano: i numeri del boom

Il panorama del mercato digitale italiano continua a vivere una fase di crescita inarrestabile, tanto che ha superato le prospettive dell’economia nel suo complesso. Le previsioni indicano che entro il 2026 il settore raggiungerà un valore superiore a 90 miliardi di euro. Il 2023 ha confermato il trend più che positivo. 

Nonostante l’instabilità economica e geopolitica, l’aumento dei costi finanziari e la volatilità delle materie prime, Marco Gay, presidente di Anitec-Assinform, sottolinea che il mercato digitale mantiene un ruolo cruciale nel guidare l’Italia verso l’innovazione e lo sviluppo. In particolare, è stata l’intelligenza artificiale ad acquisire nel 2023 una posizione centrale, con soluzioni generative e ChatGPT che hanno attirato l’attenzione di accademici, istituzioni, imprese e cittadini.

Crescita del 2,5% nel primo semestre del 2023

I primi sei mesi del 2023 hanno visto il mercato digitale registrare un valore di 38.106 milioni di euro, con una crescita del 2,5% rispetto allo stesso periodo del 2022. Settori chiave come Servizi ICT, Contenuti e pubblicità digitale e Software e soluzioni ICT hanno guidato questa crescita, con incrementi percentuali significativi.

Ulteriore aumento nei prossimi anni

Le previsioni indicano un ulteriore aumento nei prossimi anni, con una crescita stimata del 3,8% nel 2024, del 4,8% nel 2025 e del 5% nel 2026, portando il mercato oltre i 90 miliardi di euro. I Digital Enabler, con un tasso di crescita annuale medio del 28,2%, continuano a essere un motore trainante fondamentale.

Serviranno sempre più profili specializzati

Il presidente Gay prosegue evidenziando che le dinamiche del mercato digitale sono sempre più legate alla trasformazione digitale, all’economia, al capitale umano, alla sostenibilità e ai nuovi rischi cibernetici. La domanda di competenze digitali specializzate è in aumento, con una crescente richiesta di profili capaci di comprendere la complessità aziendale e di sfruttare il digitale per sostenere le operazioni.

Il pericolo dei cyber-attacchi

Il rapporto sul “Digitale in Italia” include anche un capitolo dedicato alla cybersicurezza e un’analisi del digitale nella Pubblica Amministrazione. Nel 2023, gli attacchi informatici sono aumentati, con particolare preoccupazione per i danni causati. La spesa per la cybersecurity è cresciuta del 13%, con un interesse significativo nei settori della Sanità e della Pubblica Amministrazione. In conclusione, il 2024 si prospetta come un anno cruciale, con la leadership del G7, il rinnovo delle istituzioni europee e lo sviluppo del PNRR. 

Identità digitale e PA: accesso ai servizi ancora poco utilizzato 

La conferma arriva dai risultati di una ricerca condotta da Ipsos sull’uso dell’identità digitale per l’accesso ai servizi della PA nelle diverse generazioni: nonostante gli sforzi per rendere i servizi pubblici accessibili online l’inefficienza nell’utilizzo delle tecnologie ha reso vani gli investimenti realizzati.
All’interno di un Paese sempre più vecchio, dove oltre il 50% dei cittadini non possiede competenze digitali di base, la digitalizzazione della PA incontra infatti numerose difficoltà.

Tra le sfide principali, il divario tra la disponibilità dei servizi online attivabili con l’identità digitale e l’effettivo utilizzo di tali servizi. Ma l’esperienza di accesso può essere migliorata, indipendentemente dalle generazioni coinvolte

Sostenere lo sviluppo dell’alfabetizzazione digitale

L’Italia si sta impegnando per migliorare l’infrastruttura tecnologica digitale, rendendola più semplice, sicura e soddisfacente per tutti. Tuttavia, non va trascurato anche lo sviluppo dell’alfabetizzazione digitale.

Scarsa competenza digitale e limitata soddisfazione dei servizi possono creare disparità, soprattutto per le fasce di popolazione più adulte in termini di accesso al welfare e altri servizi pubblici. La tecnologia e il fattore umano devono, quindi, progredire di pari passo. Solo così potremo accorciare le distanze e garantire un accesso equo ed efficace ai servizi pubblici.
Non a caso il PNRR prevede di destinare parte dei fondi della Missione 1 all’abilitazione della popolazione all’uso delle tecnologie.

Welfare, Fiscalità, Mobilità i più utilizzati

Nell’ultimo anno, l’identità digitale è stata utilizzata in media in tre ambiti di servizi online della PA, sfruttando solo parzialmente le molteplici possibilità offerte. In cima alla classifica quelli di Welfare, con il 72% degli utenti che vi fa ricorso (Boomers 77%).
Seguono i servizi della Fiscalità, usati dal 61% degli utenti e rilevanti per tutte le generazioni a eccezione della GenZ, e i servizi di Mobilità (47%), più usati proprio dalla GenZ (65%) e meno dai Boomers (38%).

Valutando l’esperienza complessiva, solo il 18% però si dichiara completamente soddisfatto, senza distinzioni tra le generazioni, e il livello di soddisfazione non varia neppure in base allo strumento digitale utilizzato.
Emergono difficoltà nel completare le operazioni online, e in un terzo dei casi (29%), è necessario recarsi di persona presso l’ufficio competente (Boomers, 34%).

SPID, Cie o tessera sanitaria?

Considerando gli strumenti digitali utilizzati, lo SPID garantisce maggiormente il completamento online delle pratiche (74%), mentre con la carta d’identità nazionale e la tessera sanitaria si è maggiormente costretti a ricorrere all’ufficio competente per evadere la richiesta.

In conclusione, l’utilizzo dell’identità digitale nei servizi online della PA è ancora limitato, soprattutto tra i Boomers, e la soddisfazione nell’utilizzo di tali servizi è contenuta.
È quindi necessario migliorare l’esperienza degli utenti, semplificando i processi di accesso e garantendo l’efficacia degli strumenti digitali utilizzati. Ma è soprattutto fondamentale promuovere un’alfabetizzazione digitale trasversale alle generazioni.

Intelligenza artificiale: l’impatto sul lavoro dei graphic designer

L’impatto dell’AI sul modo di generare contenuti è indubbio, ma la domanda che preoccupa è se l’AI renderà il lavoro del graphic designer superato, o metterà a rischio i posti di lavoro nei settori creativi.
Per Cinzia Marotta, Adobe Guru e Adobe Instructor, coordinatrice dell’area Graphic Design di Musa Formazione, e titolare di un’agenzia di grafica e comunicazione visiva, il rischio c’è.
“Così come è già avvenuto nel corso della storia, in tanti momenti in cui il progresso ha fatto un balzo in avanti. Ci troviamo esattamente nella condizione dell’atleta che si accinge a saltare. Come andrà il salto dipende da tanti fattori, interni ed esterni all’atleta. E proprio come l’atleta si allena e si prepara, il professionista ha bisogno di studiare e aggiornarsi per ottenere risultati migliori”.

Nessun professionista potrà mai competere con la velocità dell’AI

Le intelligenze artificiali possono compiere connessioni, fare analisi e generare risultati basandosi e utilizzando materiali e informazioni reperibili in un database.
“Se consideriamo la vastità delle risorse disponibili in rete e la velocità con cui le AI ‘lavorano’ è chiaro che nessun professionista potrà mai competere con loro – spiega Marotta -. Davanti a una richiesta per il progetto di un documentario sui luoghi impervi della Terra, impaginato come uno storyboard, occorreranno 2 giorni lavorativi e un team di 2 grafici. Con il ricorso all’AI basteranno 3 ore”.

Non è il progresso a creare fenomeni deviati

Attualmente l’AI generativa non fa che obbedire a un ordine, ma “la progettazione, l’idea sono ancora esclusive degli umani – continua Marotta -. Tutto il tempo risparmiato per il reperimento e la modifica delle immagini può essere destinato alla parte creativa. Nelle immagini che l’AI generativa ci propone, l’estetica prevarrà con requisiti ben definiti – aggiunge Marotta -. Ma c’è il rischio di una massificazione con una perdita di qualità comunicativa. Senza considerare che poi potremmo abituarci a mostruosità irreali, ritenendole i nuovi standard”. Insomma, non è il progresso a creare fenomeni deviati, ma l’uso che si fa degli strumenti.

Per fronteggiare le novità occorre prepararsi

Secondo Marotta, “abbiamo un’occasione unica, possiamo cogliere la grande opportunità di utilizzare uno strumento eccezionale per raggiungere i nostri scopi nel migliore dei modi, oppure combatterla inutilmente o, peggio, lasciarci sopraffare. La strada da percorrere è sempre la stessa, l’unica che funziona sempre: quella dell’informazione e della formazione. Dobbiamo conoscere a fondo questo strumento e imparare a padroneggiarlo. Il primo passo per crearsi una solida preparazione, che nessuna AI potrà eguagliare, è partire dalle basi, dalla cultura grafica, dai criteri della comunicazione visiva, dalle tecniche di progettazione – puntualizza Marotta -. Insomma, bisogna acquisire le conoscenze e le competenze indispensabili per diventare un professionista. Su questa solida base, unita all’esperienza sul campo, saremo in grado di ‘ordinare’ all’AI di svolgere alcuni compiti per noi”. 

Imprese di Milano, Monza Brianza e Lodi: dati positivi malgrado l’instabilità

Emerge dal Rapporto annuale ‘Milano Produttiva’, realizzato dal Servizio Studi Statistica e Programmazione della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi: il tessuto imprenditoriale dei tre territori lombardi risponde positivamente al clima di instabilità. Nel 2022 complessivamente sono 468.890 le imprese registrate, di cui 389.733 attive, distribuite in 311.739 aziende nella provincia di Milano, 64.021 in quella di Monza Brianza e 13.973 in quella di Lodi.
Rispetto al 2021 l’incremento è dell’1,6%, percentuale che assume ancora più valore se paragonata al dato lombardo (-0,2%) e nazionale (-0,7%). Nel 2022 il saldo tra imprese iscritte e cessate si attesta a + 9.012, con un incremento del +1,9%. Milano si conferma motore trainante (+1,8%), seguita da Monza Brianza (+1%). La provincia di Lodi si è mantenuta su un livello di assoluta parità rispetto al 2021.

L’export regge le pressioni e sale a quasi 75 miliardi 

L’internazionalizzazione crea nuove opportunità alle aziende, con le esportazioni che reggono le pressioni e salgono a quasi 75 miliardi (+23,1%). I dati dei primi 3 mesi del 2023 indicano, tuttavia, un rallentamento rispetto all’ultimo trimestre 2022, primo segnale della frenata che si sta verificando nel commercio mondiale. Nel 2022 prosegue poi il trend positivo delle importazioni (+20,4%) e delle esportazioni (+23,1%) nelle tre province. La performance migliore è quella del Lodigiano, che con una crescita del 39,6% dell’export e del 37,9% dell’import, in termini percentuali cresce di più rispetto a Milano (import +18,2%, export +22%) e Monza Brianza (import +24,6%, export +21,7%).
Milano, tuttavia, conferma il suo primato in Italia per il valore sia delle esportazioni (56 miliardi) sia delle importazioni (89 miliardi).

Crescita diffusa per tutti i settori produttivi  

Le indagini congiunturali dei settori per il 2022 indicano uno scenario di crescita diffusa su tutti i territori. Il settore manifatturiero ha registrato un incremento significativo della produzione industriale, in particolare a Milano (+6,8%) e Monza Brianza (+7,5%), mentre ha avuto un impatto più limitato a Lodi (+3,9%). Ripresa consistente anche per l’artigianato nelle province di Milano (+9,7%) e Monza Brianza (+7,1%), con effetti più ridotti nel Lodigiano (+1,9%). Il settore dei servizi ha evidenziato una crescita del fatturato principalmente a Milano (+15,9%) e in Monza Brianza (+16,2%), e in maniera più contenuta, nella provincia di Lodi (+7,8%).

Valore aggiunto: nel 2023 aumenta grazie a servizi e costruzioni

Inoltre, il commercio al dettaglio ha registrato un incremento di fatturato intenso nell’area metropolitana di Milano (+10,3%) e nella provincia di Monza Brianza (+8,4%), con risultati minori nel Lodigiano (+3,6%). Le previsioni per il 2023 stimano un aumento del valore aggiunto (+1,1%), guidato da servizi (+1,3%) e costruzioni (+2,4%), che bilanceranno il calo previsto per industria (-0,2%) e agricoltura (-1,9%). Nel 2024 le previsioni indicano un rallentamento della crescita del valore aggiunto dei tre territori (+0,8%), che si rifletterà anche sulle singole aree: la città metropolitana di Milano (+0,9%), la provincia di Lodi (+0,8%) e Monza Brianza (+0,3%).

Intelligenza artificiale e settore assicurativo: una rivoluzione in arrivo 

L’intelligenza artificiale sta trasformando radicalmente l’industria assicurativa, con implicazioni senza precedenti in termini di aumento della competizione tra gli operatori di mercato.
Ma per il 44% delle Compagnie assicurative la tecnologia emergente con maggiore capacità di applicazione è l’Intelligenza Artificiale Generativa. Secondo lo studio Digital Disruption: l’impatto delle tecnologie emergenti sul settore assicurativo, realizzato da EY con il supporto IIA – Italian Insurtech Association e il sostegno di Liferay, sebbene il potenziale dell’utilizzo di questa tecnologia sia ampiamente riconosciuto dai player assicurativi, quasi la metà delle Compagnie intervistate non l’ha ancora adottata all’interno del proprio business. E solo il 7% riferisce un grado di maturità avanzata nella sua implementazione, principalmente per la gestione dei sinistri.

Resta il gap di competenze tecniche da colmare

La principale barriera nell’adozione di tecnologie emergenti nel settore rimane il gap di competenze tecniche, per il quale si rende funzionale un processo di formazione del personale (70%).  Un gap dovuto alla difficoltà nel reperire le giuste risorse e al disallineamento fra linee IT e di business (69%), fattore che ostacola la trasformazione digitale nel settore.
Per la maggior parte degli intervistati, quindi, emerge la necessità di creare una mentalità aziendale innovativa e accrescere le competenze all’interno dell’organizzazione, intervenendo su processi e metodologie di lavoro per cogliere efficacemente il contesto di cambiamento in corso.

Robotica e Intelligent Automation

Il potenziale riconosciuto alle nuove tecnologie all’interno del settore assicurativo viene comunque confermato dai dati della ricerca. Tra i vantaggi connessi all’utilizzo di AI Generativa gli intervistati sono concordi nell’individuare l’efficientamento dei processi esistenti (89%) e il miglioramento della relazione con la clientela (78%) 
In ogni caso, a oggi le tecnologie emergenti maggiormente utilizzate sono Robotica e Intelligent Automation (96%), di cui le principali applicazioni riguardano la gestione dei sinistri (70%) e la sottoscrizione ed emissione delle polizze (54%). 

IoT e sensoristica avanzata

Inoltre, il 74% degli intervistati ha già implementato, a diversi livelli di maturità anche IoT e sensoristica avanzata per una più accurata quotazione del rischio (70%) e per lo sviluppo di prodotti parametrici (70%). I benefici riscontrati dall’utilizzo di queste tecnologie, riporta Adnkronos, riguardano principalmente l’estensione dell’offerta e il miglioramento della relazione con i clienti (67%). Scarse applicazioni emergono, invece, per blockchain e metaverso. Nonostante si ritenga che l’impiego di queste tecnologie possa rafforzare il brand e migliorare la relazione con la clientela, la quasi totalità del campione fatica a vedere vantaggi e casi d’uso concreti.
“La sfida cruciale ora è adattare un mercato ancora ancorato a dettami analogici per sfruttare appieno il potenziale rivoluzionario dell’AI – commenta Gerardo di Francesco, Segretario Generale di IIA -, riprogettando processi e operatività”.

Allarme per nuove applicazioni fraudolente su Google Play

I truffatori cercano costantemente soluzioni innovative per portare a termine le frodi. Si adattano velocemente alle tendenze sociali, attirando gli utenti con offerte irresistibili. Recentemente, gli esperti di Kaspersky hanno svelato una serie di applicazioni fraudolente su Google Play, che sfruttano argomenti di attualità sui media, come l’Intelligenza artificiale, i chatbot, le criptovalute e i legami con il magnate della tecnologia Elon Musk per rubare dati personali attraverso false app e siti web di phishing. Queste frodi sfruttano il desiderio degli utenti di ‘fare soldi’ facilmente. Una volta ottenute le informazioni, i criminali telefonano alla vittima e la convincono a investire denaro, promettendo guadagni particolarmente elevati.

Attirati dalla promessa di guadagni strepitosi

Le app analizzate da Kaspersky propongono guadagni strepitosi, promettendo profitti quotidiani fino a 9.000 dollari con un investimento iniziale di soli 250 dollari. Inoltre, le app sostengono che gli utenti non hanno bisogno di alcuna competenza tecnica e garantiscono un’esperienza sicura.
Tuttavia, quando le vittime installano e poi lanciano l’app, sono obbligati a inserire informazioni personali, come nome, numero di telefono ed email. Una volta inviati i propri dati, appare un messaggio in cui si comunica che la registrazione è avvenuta con successo e che riceveranno la chiamata da parte di un broker per ulteriori informazioni.

Per iniziare a guadagnare la vittima trasferisce denaro nel portafoglio del truffatore

In questo scenario fraudolento, la vittima riceve una chiamata dal truffatore che dà informazioni dettagliate sul sistema di investimento. Per iniziare a guadagnare, è necessario trasferire il denaro nel portafoglio del truffatore In questo modo la vittima perde i propri soldi e non ricava alcun profitto. Inoltre, i dati ottenuti con questi attacchi possono arrivare sui forum utilizzati per scopi illeciti.
Ma oltre alle applicazioni fasulle, i ricercatori di Kaspersky hanno identificato anche pagine di phishing che utilizzano strutture e tecniche simili. Ed è molto probabile che questi attacchi di phishing siano organizzati dallo stesso responsabile della diffusione delle app false.

Esche allettanti dal design ingannevole

Tutto questo indica che i truffatori stanno diversificando i propri metodi per ottenere profitti e stanno cercando di colpire quante più vittime possibili. Il team di Kaspersky ha quindi contattato Google per avvisare delle app fraudolente presenti nello store Google Play.
“I truffatori continuano a perfezionare le proprie tattiche per sfruttare le ultime tendenze e le nuove tecnologie – dichiara Igor Golovin, Security Expert di Kaspersky -. Da app fasulle a pagine di phishing, ricorrono a esche allettanti e design ingannevoli per colpire gli utenti. Diversificando i metodi di attacco, questi cybercriminali mirano a raggiungere il massimo delle proprie potenziali vittime. È necessario che gli utenti siano attenti, cauti e consapevoli delle minacce presenti nel panorama digitale”. 

Cos’è un chatbot? Quattro italiani su dieci non lo sanno 

Quasi la metà degli italiani non sa cos’è un chatbot, e l’86% preferisce il dialogo con un operatore umano. Inoltre, il 30% di chi non ha mai usato un chatbot ammette di non averlo trovato sui siti che ha visitato. Infatti, in Italia il chatbot è ancora poco diffuso sui siti delle aziende, che si avvalgono di tecnologie di vecchia generazione. E questo origina negli utenti una percezione negativa.
È quanto emerge dall’indagine commissionata da indigo a Dynata con l’obiettivo di analizzare la percezione che i consumatori hanno dei chatbot, il gradimento di questa tecnologia come strumento per comunicare con i brand, e i suoi sviluppi futuri.

Poco preciso e poco empatico

Secondo l’indagine, nella classifica degli strumenti più utilizzati per dialogare con le aziende il chatbot resta al terzo posto (47%), dopo email (73%) e call center (59%).
Tra gli aspetti che dissuadono maggiormente i consumatori dall’utilizzo del chatbot, oltre alla preferenza per il dialogo (46%), c’è il timore di non essere capiti (44%) e di ricevere risposte non accurate (34%). Al tempo stesso, circa il 50% degli italiani dichiara che sarebbe invogliato a utilizzare i chatbot se questi fossero più precisi, il 26% cerca nello strumento maggiore empatia, il 20% rapidità nelle risposte.

Giovani più ottimisti su Intelligenza Artificiale e ChatGpt

Ma in questo quadro le nuove generazioni guardano invece con ottimismo ai chatbot, collegando questa tecnologia al progresso dell’Intelligenza Artificiale. Il 55% di chi ha meno di 24 anni ammette infatti che ChatGpt ha migliorato la percezione dei chatbot, riporta Adnkronos, mentre per il 64% degli under24 l’AI porterà progresso nella società. Insomma, “Dall’indagine di Dynata emerge un quadro in cui conoscenza, aspettativa e soddisfazione dei consumatori sono fattori strettamente connessi” sottolinea Gianluca Maruzzella, Co-founder & Ceo di indigo.ai.

La percezione negativa dell’AI applicata alla comunicazione aziendale

“Da un lato – spiega Maruzzella – c’è una fascia di consumatori che non si è ancora approcciata al chatbot o che sconta esperienze di comunicazione frustranti con i brand, dovute a chatbot di vecchia generazione poco empatici. Soprattutto quest’ultimo aspetto ha contribuito ad alimentare negli ultimi anni una percezione negativa dell’AI applicata alla comunicazione aziendale. Dall’altra – aggiunge il manager – ci sono le nuove generazioni che conoscono ChatGpt e guardano all’Intelligenza Artificiale come uno strumento parte del quotidiano: da utilizzatori già rodati di chatbot, sono maggiormente consapevoli del potenziale che può offrire un chatbot di nuova generazione che utilizza l’Intelligenza Artificiale”.

Acquisti online, 1 prodotto su 5 viene restituito

Lo sappiamo bene, dato che ci siamo passati tutti. Quando si fa shopping online, non è raro cambiare idea una volta che il prodotto viene recapitato a casa. E la moda è il settore in cui i resi degli acquisti online sono più significativi. Questa è una delle evidenze che emerge dal nuovo rapporto “Guida ai resi nel mondo dell’ecommerce” di Yocabè. In media, nel mondo, 1 prodotto acquistato su 5 viene restituito. La percentuale è già abbastanza significativa, ma per il comparto moda questo valore è decisamente più alto. Nella moda il tasso di reso raggiunge il 56%. Solo in Europa, il valore di tutti i resi globali è di circa 550 miliardi di dollari. L’Europa genera il 23% di questo importo, pari a circa 126 miliardi di dollari. 

Il fenomeno dei resi è in forte crescita

I resi sono destinati a crescere vertiginosamente considerando che i resi nel Vecchio Continente aumentano del 63% all’anno. Secondo l’analisi di Yocabè, il 16% degli acquisti di moda online effettuati in Italia viene restituito, una percentuale che è la più bassa d’Europa. L’indagine traccia una mappa dei prodotti più restituiti in Europa, con un focus su Italia, Francia, Svizzera e Germania, e offre una lista di consigli utili a tutte le aziende ecommerce che si trovano costrette a gestire un numero sempre crescente di resi. L’abbigliamento è la categoria più restituita a livello europeo, seguita dalle scarpe e dagli accessori. 

In Italia si rende meno rispetto gli altri Paesi

Per quanto riguarda il nostro Paese, in Italia si restituisce in media il 25% dell’abbigliamento comprato online, il 15% delle scarpe e il 10% degli accessori. I prodotti fashion che gli italiani restituiscono più frequentemente sono vestiti, pantaloni e gonne.

La modalità di reso “facile” incentiva gli acquisti online

La possibilità di effettuare un reso è fra gli incentivi che spingono un consumatore a comprare online, ma per le aziende, i resi rappresentano una spesa da sostenere. La “logistica inversa” è il processo di restituzione dei prodotti da parte del cliente verso il produttore o venditore, che include tutte le attività che riguardano la gestione dei prodotti restituiti. Secondo una recente indagine Nielsen, il 72% dei consumatori italiani verifica sempre quale sia la politica di reso di un sito e-commerce prima di effettuare un acquisto, e il 52% dei consumatori rinuncia ad acquistare se il periodo di reso è inferiore ai 30 giorni.